mercoledì 25 marzo 2009

Mijn vriend Karel van der Bruin

(Si consiglia di lanciare il video a lato a guisa di colonna sonora della gibella. Abbiate pazienza, per gli effetti speciali ci stiamo ancora attrezzando.)

Brasile.

Il solo nome già evoca visioni di spiagge assolate, noci di cocco, partite di calcio acrobatico, bikini minimalisti, Cacao Meravigliao e saudade. (Chissà com'è la visione della saudade. Fosse nostalgia di Napule, non avrei difficoltà a immaginere un tipo vestito da Pulcinella che piange, suona il mandolino e il tamburello e balla la tarantella ué ué affacciato a una finestra e sbocconcellando una sfogliatella accompagnata da una tazzulella di caffè; ma l'immagine di un brasiliano vestito di piume di struzzo che piange, suona il canillo1 e balla il samba tunz-tu-tunz tun-tun-tu-tunz sulla spiaggia di Copacabana sorseggiando una capirinha e rimpinzandosi di biscoito Globo, quest'immagine mi risulta un tantino meno credibile. Sarà una questione di abitudine.)

Ecco, io in Brasiu (mi si passi la grafia fonetica) ci sono stato, e posso garantire che è tutto vero. (A parte il Cacao Meravigliao. Che poi sarebbe Meraviglião. Che poi sarebbe Meraviglione. E se cacao fosse cacão, allora sarebbe cacone, e allora hai voglia di mettere ballerine scosciatissime. Chiaro?

No. Allora continuate a leggere.)

Ecco, io volevo parlare del Brasiu, della saudadgi e della bossa nova, e invece mi avete incastrato a spiegare come imparare il brasiliano in dieci giorni; tant pis.

La regola è la seguente: per parlare brasiliano bisogna (a) imparare quei quattro-cinque verbi che sono diversi, (b) parlare in napoletano (c) con un accento barese. La dimostrazione ha avuto luogo in una casa de sucos, un posto dove (udite udite) si vendono succhi di frutta.

(Trascrizione fonetica.)

Io:Um suco dgi còco (con le O aperte), por favor.
Bibi:(non capisce e lo fa presente)
Io:(scandisce) Um... suco... dgi... còco.
Bibi:(illuminazione) Ahh! Cócu! (pronuncia barèse stretta)

Il brasiliano è tutto così. Se arrivi stasera alle dieci, domani alle due sai ordinare da mangiare, dopodomani impari a contrattare con i bancarellisti e dopo dieci giorni chiacchieri amabilmente con il tassista che ti accompagna all'aeroporto (dicendo — mio testuale commento sul traffico dell'ora di punta — "Eh... a gente va à casa"). Ma qual è il trucco?

Il trucco, come quando si impara una qualunque lingua straniera, consiste nel costruire una tabella mentale di corrispondenze più o meno regolari con le altre lingue che si conoscono. Tali corrispondenze possono essere semplici traduzioni (formaggio ↔ queijo) oppure schemi di applicazione sufficientemente regolare da giustificarne l'introduzione. Esempio: se la parola italiana finisce per -zione, stai sicuro che la parola brasiliana finirà per -ção. Se quella italiana finisce per -ino, spesso quella brasiliana finisce per -inho; e se quella italiana finisce per -one, quella brasiliana finirà per -ão. (Quindi Falcão in realtà si chiamava Falcone. E no, Alemão non si chiamava Alemone; si chiamava Tedesco.) La cosa funziona talmente spesso tra italiano e brasiliano che qualcuno dovrebbe scriverci un programmino per tradurre automaticamente e maccheronicamente i testi dall'italiano al brasiliano.

Ma guarda un po' la coincidenza, questo programmino l'ha già scritto qualcuno (io). L'ho chiamato aristoteles, più in onore del centravanti che del filosofo. È scritto in Perl3, è rilasciato sotto licenza GPL4 e può essere scaricato liberamente da qui.

aristoteles è semplice da usare: gli si dà un file di testo in italiano e lui risputa tutto tradotto in brasiliano. Il va sans dire che io non lo userei per tradurci la mia tesi di laurea; in questo senso, aristoteles non è un traduttore: è più un simulatore del mio cervello.

Ma vediamolo all'opera:

A A Abbronzatissima
sotto i raggi del sole
come è bello sognare
abbracciato con te.
A A Abbronzatissima
a due passi dal mare
come è dolce sentirti
respirare con me.
Sulle labbra tue dolcissime
un profumo di salsedine
sentirò per tutto il tempo
di questa estate d'amor.
Quando il viso tuo nerissimo
tornerà di nuovo pallido
questi giorni in riva al mar
non potrò dimenticar.
A A Abronzatissima
debaixo os ragi do sol
como é belo sonhar
abraciado com ti.
A A Abronzatissima
a dois passi do mar
como é dolce sentirti
respirar com mim.
Sobre as labra tue dolcissime
um profumo de salsedinhas
sentirò para todo o tempo
de esta estate d'amor.
Quando o viso tuo nerissimo
tornerà de noo palido
questi giorni em riva ao mar
não potrò dimenticar.

Da Rimini a Ipanema in 0.484 secondi.

Ah, un'ultima cosa. Vi è piaciuta la colonna sonora? Un mito, Disco Samba, eh? Bella la musica brasiliana, eh? Eh, come suonano i brasiliani...

Peccato. I Two Man Sound, signore e signori, sono belgi. Wikipedia docet. (Ma grazie Luca per la segnalazione.) E con questo ho rovinato la serata alla metà di voi.


1 Canillo è il nome con il quale ho sempre designato il putipù brasiliano2. Produce il suono di un cagnolino che guaisce (donde la denominazione). ^

2 Ho appena scoperto che in brasiliano il canillo si chiama cuica. ^

3 Perl è un linguaggio particolarmente adatto a fare di queste cazzate. Chi usa Linux probabilmente sa cos'è, ma non avrà bisogno di installarlo perché con tutta probabilità ce l'ha già. Tutto ciò è triste: chi ha le conoscenze per installarlo, non ne ha bisogno; chi usa Windoze probabilmente crede che Perl sia una marca di dentifricio. ^

4 No, la bombola non c'entra. ^

lunedì 23 marzo 2009

Del punto interrogativo e di altre grandi invenzioni senza le quali la nostra vita sarebbe molto peggiore

Clap clap clap clap.

— Grazie, grazie, buonasera a tutti e benvenuti a questa nuova puntata di Sì sì, già già, il programma che vi porta alla scoperta delle più grandi invenzioni della storia dell'umanità. Nella puntata di oggi parleremo del... punto interrogativo!

Clap clap clap clap. Sul maxischermo compare:

— Per parlarci del punto interrogativo e della sua storia abbiamo invitato il professor Gerardo Mzhmh. Un bell'applauso!

Clap clap clap.

— Professore, lei è titolare...
— ...sì, della cattedra di Interpunzione e Analisi Grammaticale dell'università di Casavatore.
— E come mai il suo cognome è privo di vocali?
— È un nome d'arte.
— Non sapevo che i linguisti avessero nomi d'arte.
— Non sapevo che i presentatori televisivi si interessassero di linguistica.
— Ehm. Professore, molti dei nostri spettatori saranno sorpresi dell'argomento di questa puntata. Può spiegarci perché il punto interrogativo è una delle più grandi invenzioni della storia dell'umanità?
­— Ma certo. Vede, Martegazzi, senza punto interrogativo lei non avrebbe potuto chiedermi educatamente di raccontare la storia del punto interrogativo. Sarebbe stato costretto a darmi un ordine, e io non avrei apprezzato la sua scostumatezza.
— Ma lei è qui proprio per parlare del punto interrogativo!
— È una questione di forma, e moderi i suoi punti esclamativi. Gli antichi Greci erano già pienamente consapevoli della serietà del problema. Senza punti interrogativi era impossibile elevare la società al di sopra della condizione selvaggia di prepotenza e sopraffazione del più forte sul più debole. La questione fu affrontata da Omero, il quale introdusse coraggiosamente un segno di interpunzione per indicare le frasi interrogative.
— Cioè, naturalmente, il punto interrogativo!
— Naturalmente un paio di testicoli, Martegazzi, e le ri-ingiungo di imbrigliare le sue unnecessary exclamations.
— Ehm.
— Omero introdusse il punto e virgola.

Sul maxischermo compare:

— Naturalmente, la gente si accorse subito che qualcosa non andava. Si immagini: Omero dal salumiere. I clienti si rivolgono al salumiere dicendo tre etti di feta, mezzo chilo di olive, una cocchia di pane. Entra Omero. Tutti si girano a guardarlo. Omero, invece, non guarda nessuno.
— ...
— Non abusi dei suoi sospensivi, Martegazzi. Omero si avvicina al bancone e fa salumiere, puoi darmi due etti di salame; e resta lì a bocca aperta, come se avesse lasciato la frase a metà; e infatti era proprio così.
— E il salumiere non capì.
— No, non poteva. Erodoto racconta che da quel giorno il salumiere rifiutò di fare credito a Omero.
— E il vero punto interrogativo?
­— Per quello bisogna aspettare circa duemila anni.
— Come mai tutto questo tempo?
— Perché fu necessario convincere la gente a rinunciare a far girare gcc sui questionari del militare. Era diventata una comodità. Ma un giorno un amanuense sgarrò con la mano e fece uno scippo a forma di scartellato.
— Professore, si ricordi che il pubblico a casa non conosce il gergo tecnico.
— Sostituì il punto e virgola omerico con il punto interrogativo che noi tutti conosciamo.
— Bene, grazie professore. E ora faremo un esperimento, io e il professore daremo una dimostrazione di un dialogo senza punti interrogativi. È pronto professore?
— Sono pronto. Lei è pronto.
— Ehm, sì sono pronto. Cominciamo.
— Abbiamo già cominciato.
— Era una domanda.
— Quale domanda.
— Quando lei ha detto "abbiamo già cominciato", era una domanda.
— Non era una domanda.
— Questa era una domanda.
— Sì, esatto.
— No, la mia non era una domanda.
— Ah. Come vedete, cari telespettatori, comprendersi è quasi impossibile. Professore, le va di interrompere la nostra dimostrazione.
— Non mi dica cosa mi va, Martegazzi, chi si crede di essere.
— Era una domanda, professore.
— Sì, era una domanda.
— No, la mia era una domanda.
— Non lo so, se non lo sa lei.
— Bene, cari telespettatori, la puntata odierna di Sì sì, già già si chiude qui. Appuntamento alla settimana prossima, stessa ora, stesso canale, per scoprire la storia e le molteplici applicazioni del cingolo! Grazie a tutti e buona serata.
— Posso salutare una persona a casa.