venerdì 27 giugno 2008

Etimologia di un soprannome

Conversazione vera svoltasi stasera su MSN tra me e Brigida. Si parla del mio ubiquo soprannome cibernetico, "Arek' Fu".

Bri:allora
Bri:che vuol dire ?
Davide:cosa
Bri:arek'fu
Davide:ah
Davide:non te l'ho detto?
Bri:no
Davide:davvero?
Bri:si
Davide:guarda che te l'ho detto
Davide:prima
Bri:no
Davide:non hai letto
Bri:no
Bri:no
Bri:no
Bri:no
Bri:no
Davide:
Bri:no
Davide:ah beh
Davide:io l'ho detto
Bri:no
Davide:se poi tu non l'hai visto
Davide:sono affari tuoi
Bri:ho già controllato
Bri:la cronologia
Bri:e nn c'è
Bri:mi disp
Bri:daiiii
Bri:ma che ti costaa
Bri:perdi + tempo a dire che nn me lo vuoi dire
Davide:quando hai detto che era un anagramma
Davide:ci sei andata vicina
Bri:eh
Bri:nel senso
Bri:che è un anagramma o no ?
Davide:anche
Davide:è l'anagramma di krfeau
Davide:che tradotto in numeri
Davide:diventa
Davide:11 18 5 1 6 21
Davide:ok?
Bri:perchè la k è l'undicesima lettera ?
Davide:esatto
Bri:ok
Bri:ed i numeri ?
Davide:ora
Davide:se li scrivi uno sotto all'altro
Davide:11
18
5
1
6
21
Davide:però allineati a destra
Bri:mmm
Davide:e scrivi
Davide:un più e un meno
Davide:un diviso e un per
Davide:e poi di nuovo un più
Bri:mmm
Davide:ottieni
Davide:165
Bri:mi stai prendendo in giro ?
Davide:no
Davide:ti sto spiegando da dove viene arek' fu
Bri:e 165
Davide:165 ok?
Bri:si
Davide:ok
Davide:165 = 118 + 47
Davide:il 47 passa sotto casa mia a napoli
Davide:e il 118 andava a mergellina
Davide:QUINDI
Davide:casa mia a napoli
Davide:+
Davide:mergellina
Davide:= ?
Davide:
Davide:mo questo passo lo fai tu
Bri:165
Davide:eh
Davide:ma 165 cosa rappresenta?
Bri:napoli
Davide:da casa mia a mergellina...
Bri:che c'è
Bri:?
Davide:che strada si fa?
Bri:da casa tua a mergellina ?
Davide:eh
Davide:la maggior parte della strada si fa sul...?
Bri:via caracciolo?
Bri:mare
Davide:ma quale via caracciolo e mare
Davide:sul corso...?
Bri:vittorio emanuele
Davide:e chi era vittorio emanuele?
Bri:o mio dio
Bri:re
Davide:eh
Davide:ma non c'entra
Davide:in che giorno è morto
Davide:lo sai?
Bri:9
Davide:9 cosa
Bri:gennaio
Davide:e cos'è il 9 gennaio?
Bri:boh
Bri:il tuo onomastico ?
Bri:ihihi
Davide:quasi
Davide:è 11 giorni dopo il mio onomastico
Davide:capito?
Davide:perché 11 giorni?
Davide:perché il ragionamento consiste di 11 operazioni matematiche
Bri:??
Bri:o mio dioo
Davide:capito?
Bri:e meno male che era una cavolata
Davide:sei contenta ora?
Bri:ma le undici operazioni matematiche
Bri:sono qlle che fai ai numeri
Bri:11
Bri:18
Bri:5
Bri:1
Bri:6
Bri:21
Davide:esatto
Bri:mmm
Bri:certo
Bri:che se te lo sei inventato
Bri:ora
Bri:non è stato facile
Bri:cioè se mi hai detto una palla per improvvisare
Davide:non avrei mai potuto
Davide:ti dispiace se metto questa conversazione sul mio pluzio? la gente me lo chiede spesso da dove viene
Bri:noo
Bri:vai
Davide:grazie
Bri:ma tu nn vuoi dirlo
Davide:perché la cabala è importante
Davide:i numeri sono potenti
Davide:hanno un influsso sugli uomini
Davide:e se qualcuno conosce i miei numeri
Davide:chissà cosa mi può fare
Bri:ma sei partito dai numeri
Bri:e sei arrivato alle lettere ?
Davide:esatto
Bri:mmm
Davide:devi provarci anche tu
Davide:non è difficile
Bri:e qnt ci hai penato ?
Davide:non troppo
Davide:due o tre mesi
Bri:azz
Davide:eh ma ne è valsa la pena
Bri:ma adesso
Bri:tutti sapranno il tuo segreto
Bri:ed i tuoi numeri
Davide:magari li censuro
Davide:lascio solo il ragionamento
Bri:ah
Bri:ok
Davide:furbo eh?
Bri:sisis
Bri:allora nn vedo
Bri:l'ora
Bri:di leggere
Bri:il pluzio
Bri:ihihi
Davide:lo comincio a scrivere ora
Davide:domani credo lo trovi
Bri:ok
Bri:vado
Bri:domani
Bri:grazie
Bri:per la tua pazienza
Davide:grazie a te...

...e ci conosciamo da vent'anni.

mercoledì 25 giugno 2008

Il dinosauro / 3

Il dinosauro era lì ad attenderlo all'uscita della metropolitana. Bemolle, il quale un po' se l'aspettava, lo ignorò e imboccò deciso il garbuglio di vicoli entro i quali egli aveva il suo domicilio legale. Il sole era tramontato ormai da un pezzo ma il Cucchiaio a Vapore non era sorto ancora; Bemolle navigò sicuro le viuzze basandosi sulla temperatura del porfido, una specialità nella quale lo uguagliavano in pochi. Il dinosauro si ostinava a camminargli accanto baldanzoso, e ad un quadrivio o due Bemolle ebbe persino la caliginosa impressione che l'animale lo anticipasse nella scelta della direzione da seguire; ciò gli indusse fastidio, e anche un paio di starnuti.

La vista del suo iglù da campeggio gli fu grata come l'avvistamento della terra per un marinaio, o forse di un distributore di benzina per un automobilista in riserva. Bemolle non seppe decidersi sulla similitudine ma pragmaticamente aprì la chiusura lampo, si introdusse nell'angusta dimora e si volse a retro a fissare l'animale, occhi negli occhi, retine nelle retine, per diversi secondi. Il dinosauro batté le palpebre, e Bemolle lo prese come un segno di cedimento. Tirò su la chiusura lampo, indossò il pigiamino e si distese a riflettere sul significato di quella apparizione e sull'immediato astio che gli aveva causato. Certo, forse era soltanto un pregiudizio, ma come ignorare quel lancinante dolore al callo? Doveva trattarsi senz'altro di un segnale monitorio. O forse era l'unghia? Eppure gli era sembrata sana ed in piena forma quando l'aveva controllata per l'ultima volta, sul treno merci, prima di abbandonarsi alla deriva del sonno.

Fu in quel momento che Bemolle capì. I barili, il dinosauro, la metropolitana... tutto aveva avuto origine dacché si era appisolato in quel vagone, e tutto aveva la vividezza surreale di un sogno. Disteso sul suo materassino gonfiabile, egli colse il nonsense della sua avventura e intuì che soltanto assopendosi avrebbe potuto spezzare l'incantesimo, compensare il pisolino e annullare il sogno. Mentre chiudeva il cerchio, egli visualizzò semicoscientemente la circuitazione di una funzione analitica.

Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì.

martedì 24 giugno 2008

Il dinosauro / 2

Come tollerare una tale violenza contro l'armonia del cosmo? Indignato, Bemolle si diresse a grandi falcate verso la rottura spontanea di simmetria, deciso a rimettere in piedi il barile o, quantomeno, a procurarsi un'ernia nel tentativo di riuscirci. Quale non fu il suo sollievo, dunque, quando si accorse che la rottura di simmetria non era stata affatto spontanea! Un dinosauro arancione lo aveva sbadatamente abbattuto con un colpo di coda e ora fissava la gracilità di Bemolle con uno sguardo a metà tra l'incredulo e il perplesso, come se non avesse mai visto un essere simile, o come se tutti gli esseri simili che avesse visto fino a quel momento fossero stati esclusivamente dei gasteropodi.

Bemolle, dal canto suo, era ben grato al voluminoso quadrupede di aver reso superflua ogni ipotesi di rottura spontanea di simmetria per spiegare la natura di un ensemble di barili di colorante e, dunque, dell'universo; tuttavia, la sua riconoscenza, che sarebbe stata normalmente espressa attraverso salti, piroette e gighe, era repressa da un infausto presentimento di guai. Bemolle, gli occhiali volti al suolo, si limitò a biascicare un confuso "mmmmgraz" prendendo distrattamente a calci la polvere. Il dinosauro batté le palpebre.

— Lo sapevo che mi sbagliavo. Per fortuna, eh? Eh, eh. Figuriamoci. Rottura spontanea... eh, eh.

Il dinosauro batté di nuovo le palpebre.

— Ehm. Lei è un tipo silenzioso. Mi piacerebbe restare qui a fare conversazione da solo, ma devo proprio andare a pulirmi le orecchie.

Bemolle fece per andarsene, ma il dinosauro gli tenne dietro.

— Ah, prende anche lei la metropolitana? Mmm. Mi fa piacere. Facciamo un po' di strada insieme.

I due si diressero insieme verso la strada. Bemolle si voltava indietro ogni cinque passi per controllare se la bestia lo continuasse a seguire e le indicava le gru dello scalo merci a destra e a manca nella speranza segreta di distrarla e farle perdere le proprie tracce. Per una attimo sembrò quasi che un container rosso potesse servire allo scopo; ma il nostro anti-Orfeo non si era allontanato neanche di pochi metri che già la sua anti-Euridice aveva ripreso a trottargli accanto briosamente.

Fu in questa configurazione che i due si trovarono a imboccare il budello ctonio che conduceva al binario della metropolitana. Bemolle obliterò ossequioso, passò il tornello e si voltò a guardare il dinosauro con aria di sfida. Il rettile dapprima si guardò intorno incerto; poi acquistò un biglietto al distributore, obliterò e raggiunse il suo compagno senza dare mostra di alcun risentimento. "Outrageous", pensò Bemolle salendo sul treno. Il dinosauro lo seguì, urtò un vecchietto, si scusò e si accucciò. Non soltanto l'omino non sembrò affatto turbato dal fatto che un rettile estinto da sessantacinque milioni di anni si fosse scusato di averlo spintonato, ma il dinosauro si era persino seduto in modo da non intralciare il flusso dei viaggiatori che salivano e scendevano dal treno.

Nella pur breve durata del tragitto ipogeo, l'indignazione di Bemolle ebbe tutto il tempo di montare a livelli di interesse per studi clinici sulla cirrosi epatica. Il dinosauro aiutò una ragazza con una grossa valigia, studiò la mappa della metropolitana con aria di annoiato interesse e, nel complesso, assunse la normalissima aria del pendolare ventennale.

Irritato dalla dimestichezza dell'animale, Bemolle decise di scendere a Porta Pangolo e di aspettare il treno successivo. Il dinosauro si limitò a rivolgergli il secondo sguardo perplesso della giornata e non fece cenno di volerlo seguire. Bemolle, segretamente, esultò. Il treno seguente era più affollato, ma lo scambio sembrò equo al rasserenato Bemolle, che poté di nuovo dedicarsi all'attività che aveva lasciato in sospeso sul treno merci, cioè il conteggio delle biscrome nelle Variazioni Goldberg.

lunedì 23 giugno 2008

Il dinosauro / 1

Bemolle cominciava a pentirsi del fatto di essersi allacciato il mocassino quella mattina. Se non si fosse fermato, non avrebbe trovato il gabinetto occupato da quel bellimbusto odoroso di Oro Saiwa che, ahilui, aveva approfittato di pochi passi di vantaggio per frapporsi tra Bemolle e la soddisfazione di alcune sue impellenze. Se fosse acceduto alla ritirata quando sperava di farlo, sicuramente non avrebbe avuto necessità di solfeggiare melodie baritonali con il suo colon irritato; e se non avesse ceduto alle lusinghe della sua flautolenza, difficilmente le altre persone in fila lo avrebbero coscienziosamente percosso fino a costringerlo alla fuga (anche se non si può mai dire).

Se non avesse avuto bisogno di correre, probabilmente non si sarebbe slogato un'altra volta quel maledetto premolare, compromettendo la funzionalità della sua manducazione; e se non fosse andato alla ricerca di un pizzicagnolo per acquistare del semolino, se non avesse chiesto indicazioni a quel tombino, se non si fosse fidato del tombino, se non fosse salito su quel treno merci... Bemolle vedeva ora chiaramente il disegno soprannaturale che si celava dietro le avventure della mattinata; gli sembrava quasi di sentire il tocco impalpabile di una Mano trascendente che con calcolata maestria gli scioglieva il laccio del mocassino e metteva in moto l'inarrestabile carambola di eventi che lo avrebbe confinato per ore tra alcune centinaia di barili di colorante E124 "Rosso cocciniglia A".

Sequenze simili di occasioni mancate e ipotesi non soddisfatte possono avere luogo solo in sdolcinati drammi d'amore elisabettiani; una concatenazione tanto palese di cause ed effetti, rifletteva Bemolle, apparterrebbe più alla letteratura che alla realtà. Eppure, eccolo lì a lasciarsi cullare dai giunti di dilatazione dei binari, consapevolmente rassegnato (o abituato?) all'impossibilità di dare forma propria alla materia fluida della sua esistenza. Ecco, forse, a cosa pensava Bemolle, le gambe contro il petto, la testa tra le ginocchia, la fronte aggrottata in uno sforzo di concentrazione. Oppure, più verosimilmente, egli si contava le unghie dei piedi.

Nella penombra del vagone ferroviario, Bemolle sonnecchiava esausto dopo gli sforzi dell'intensa giornata e abbandonava le sue cervella all'immaginifica intercapedine tra sonno e veglia, dove gli attaccapanni si trasformano in acquedotti e le spalliere delle sedie in giaguari accucciati con una zampa alzata e un grosso telefono cellulare primi anni '90 tra le fauci. In questo mondo di metamorfosi può accadere di tutto; persino nulla.

Difatti, non accadde nulla. Quando Bemolle si risvegliò il treno era fermo, il portellone del vagone aperto, e dei muscolosi energumeni allineavano i barili di colorante in ordinati schieramenti a favo d'ape. Quale affascinante simmetria, si disse Bemolle avvicinandosi rapito, e fu tentato di lambiccarsi il cervello per intuire quale gruppo la descrivesse matematicamente; ma le sue pippe mentali furono interrotte da un improvviso clangore. Uno dei barili si era rovesciato, rompendo spontaneamente la simmetria esistente.

mercoledì 18 giugno 2008

La cena degli avanzi

Nella miglior tradizione della cucina degli avanzi, questa sera vi propino un'ammescafrancesca di foto che non sono riuscito a infilare nelle rispettive gibelle di pertinenza e che mi sono rimaste sul groppone. Meglio che le pubblico, se no poi scadono e le devo buttare.


Il sogno di ogni studente di Fisica I.

Se questa foto vi fa pensare a un ramo di iperbole, non preoccupatevi, è normale.

Se non vi fa pensare a un ramo di iperbole, non preoccupatevi, è più normale.


Parigi, una città kafkiana.


Le dieci differenze.


La stazione di Liegi, un'opera di Santiago Calatrava. E com'è? Bella?


Roma, via dell'Umiltà, 36.

Anche Roma è una città kafkiana.


E per finire, il dessert.

martedì 10 giugno 2008

Dove osano i chi quadri

Va bene, mi arrendo. È ormai un mese che ci penso e non riesco a capire che significa. Di cosa parlo? Di questo.

Questo istogramma rappresenta il numero di gibelle di questo pluzio in funzione del numero di commenti che hanno generato, aggiornato a ieri sera. Per esempio, ci sono sedici gibelle che hanno ricevuto due commenti. Chiaro? Bene.

La sgargiante linea rosa shocking, invece, è un fit esponenziale. L'equazione della curva è

dove λ è un parametro libero, gλ(n) è il numero di gibelle aventi n commenti e Nc è il numero totale di commenti. Per determinare il parametro λ, ricorriamo al trucco preferito di legioni di pezzottatori di dati: il celeberrimo metodo del χ2, meglio noto come chi quadro.

Il gioco funziona così. Si definisce il chi quadro in questo modo:

Qui G(n) rappresenta il numero di gibelle che hanno effettivamente ricevuto n commenti (dato sperimentale registrato da me; private communication). Nella somma ho raggruppato i bin con n > 5 per ragioni di significatività statistica. Domande? Dubbi? Curiosità?

Bene. Il chi quadro dà un'indicazione quantitativa su quanto la distribuzione teorica gλ(n) sia in grado di descrivere la distribuzione sperimentale G(n). Più piccolo è il chi quadro, migliore è l'accordo. Il pezzotto consiste nello scegliere il valore del parametro λ che rende minimo il chi quadro. In altre parole, si impone

e si risolve l'equazione per λ. Numericamente, io ottengo λ = 0.6305, che è anche il valore che ho utilizzato per il grafico.

Fin qui, tutto chiaro (...). Il problema è che il valore del chi quadro è piccolo. Davvero piccolo. Tipo 0.77, con quattro gradi di libertà. Vado a guardare il P-valore... ecco, 94%. Ho o non ho ragione a sbalordire?

Auff. Si trova. Si trova troppo. Questa legge esponenziale vuol dire qualcosa. Sta cercando di dirmi qualcosa. È evidente.

Ma io non capisco.

lunedì 9 giugno 2008

Two visions

Ieri sono andato al festival del jazz di Liegi a rifarmi un po' le orecchie dopo quattro anni di esilio musicale in Scandinavia, dove la gente è troppo impegnata ad ascoltare musica sciacquapalle per dedicarsi a Stan Getz. Come biasimarli? Lo so. Come paragonare un quintetto che totalizza circa un secolo di studi musicali a un affascinante vocalist dagli occhi seducenti e dalla pelvi disarticolata?

(Nota personale: smettere di parlare male della Svezia. Ormai ne sono uscito. Vivo. Quasi.)

Un festival di jazz rappresenta inoltre una solida àncora di salvataggio per uno che difficilmente ascolta musica scritta dopo il 1978, anno in cui tutti i più grandi musicisti dei gloriosi anni sessanta e settanta sono stati coercitivamente lobotomizzati in blocco (secondo me i Ramones ne sanno qualcosa) e hanno cominciato a suonare come gli Asia. Persino i Queen, per i quali nutro sempre massimo rispetto, non sono stati più gli stessi dopo il '78.

In realtà poteva andarmi male anche al festival di jazz. Per esempio, a un certo punto siamo andati ad ascoltare Mona Murray. Sarà un pregiudizio mio, ma ho sempre un po' di difficoltà a rapportarmi a una donna che si chiama Mona, specie se va in giro con una scollatura ombelicale. Va be', è ammericana, è una tipa free. Mona (...) entra sul palco e si trova davanti una platea di un centinaio di persone che hanno pagato circa trenta euro pro capite per ascoltare jazz; età media, cinquanta; tutti seduti, tipo teatro. La gente nota il generoso décolleté, si scambia occhiate fugaci e trae conforto dalla perplessità dei vicini ("ah, allora non sono solo io").

Ma Mona (...chiamamola "la tipa") tranquillizza tutti nel suo francese un po' approssimativo.

Tipa: Dans ma musique il y a du jazz, du blues, du country, du rock... tout!
La tipa ammicca al pubblico. Il pubblico si scambia altri sguardi perplessi.
Tipa: Maintenant je vais chanter une chanson... je ne sais pas si vous parlez un peu d'anglais... la chanson s'appelle: "Let me feel your body"! (ammicca maliziosa)
Colpi di tosse in sala.
Tipa: Oui, je crois que c'est compris...!
Comincia a cantare musica sciacquapalle.

Io e Caterina, terza fila, ci guardiamo (perplessi, of course) e a gesti decidiamo di scappare al termine del pezzo.

Ma a questo punto vengo colto da una visione.

Davide e Caterina si alzano e cercano di filarsela.
Tipa: Oh, no! Don't leave!
Davide: Ehm.
Tipa: Why are you leaving so soon? Don't you like my music?
Davide: Er. Yes. Sorry. Thing is... you know... we really gotta go. I've got to...
Lo sguardo vaga disperato alla ricerca di salvezza.
Davide: ...breastfeed my children.

Non racconterò di come mi sono esaltato per il jazz funk dei sei componenti del James Taylor quartet (sic); mi preme molto di più narrare come il gruppo è stato presentato.

Omino col papillon: ...ma prima di far entrare il gruppo vi vorrei chiedere di fare un applauso per ringraziare il nostro sponsor...
Clap clap clap.
Omino col papillon: ...e per ringraziare i nostri tecnici del suo--
Continua a muovere la bocca ma non si sente più nulla.
Omino col papillon: --ll'applauso, per favore!
Clap clap clap.
Omino col papillon: Devo inoltre comunicarvi che il concerto di Abdullah Ibrahim non si terrà alle ventidue e trenta ma alle ventitré. D'accordo? Eh, eh. (Assume un'aria un po' imbarazzata.) Inoltre, vi vorrei avvisare che alle ventitré in punto saremo costretti a chiudere le porte e a non lasciare entrare più nessuno.
Mormorio di stupore.
Omino col papillon: Eh, sì, e non si possono fare foto.
Mormorio di disapprovazione.
Omino col papillon: Questa in realtà è una richiesta dell'Artista [giuro che ho sentito la maiuscola] perché la sua musica è molto intimista, voi capite, e il minimo rumore lo può far deconcentrare. È capace di alzarsi e andarsene!

È qui che vengo colto dalla seconda visione della serata.

Capo: Davide, puoi farmi vedere quei risultati?
Davide: Ah, sì. Eccoli. Ora produciamo più cluster a bassa energia, però abbiamo anche ridotto...
Capo: Ma gli spettri dei protoni come sono?
Davide: Eh, no, mo basta. Sei qui per ascoltare o per fare conversazione?! Io sto creando e tu mi interrompi! E io poi perdo il filo!

Esce dalla stanza sbattendo la porta.

Capo: ...

La porta si riapre.

Davide: ...e niente fotografie!

lunedì 2 giugno 2008

The Dark (Michael) Knight

Aspettando la metropolitana in questi giorni è praticamente impossibile esimersi dal notare questa locandina.

Bella? Non so. In realtà mi hanno colpito due cose. La prima è che il personaggio un po' fetish al centro del manifesto sembra il risultato di un incrocio tra Michael Knight (al secolo David Hasselhoff) e un pneumatico Goodyear. Forse è Micheal Knight dopo essere stato arrotato da diverse centinaia di autoarticolati. Forse lo ha arrotato KITT (o forse KARR). In ogni caso, è evidente che quest'uomo ama passare i pomeriggi spalmato sull'asfalto. Tra l'altro, il fatto che egli sia una versione vulcanizzata di Michael Knight spiega perché c'è scritto il suo nome: il Knight oscuro, cioè nero; anche io mi incazzerei un po' se KITT mi avesse ridotto così.

L'altra cosa che mi ha colpito è l'installazione artistica a base di cherosene che Michael Knight ha realizzato sul palazzo alle sue spalle. Va detto che gliel'hanno lasciato fare solo perché è Michael Knight (e perché la sua macchina è impazzita e arrota chiunque le capiti a tiro). Se ci avessi provato io ecco come sarebbe andata.


Davide: Toc toc.
Massaia: Chi è?
Davide: Buongiorno signora, sono un ricercatore in fisica.
Massaia: Ah, sì, mi dica.
Davide: Vorrei dare fuoco al suo appartamento.
Massaia: Come?
Davide (mostrando una grossa tanica di benzina): Vorrei appiccare le fiamme alla sua casa.
Massaia: ...fuoco?
Davide: E fiamme.
Massaia: Incendio, insomma.
Davide: Eh, sì.
Massaia: Lei è un piromane!
Davide: No, signora.
Massaia: E allora cosa vuole?
Davide: Sa, vorrei scrivere le equazioni di Hamilton sulla facciata dell'edificio.
Massaia: Eh?
Davide: Ma sì, ha presente, cu punto con i uguale de acca in de p con i...
Massaia: Cosa?
Davide: ...pi punto con i uguale meno de acca in de cu con i...
Massaia: Lei è pazzo.
Davide: No no, guardi sull'Abraham e Marsden.
Massaia: Ora la faccio arrestare.
Davide: Se ha due minuti gliele derivo con la trasformata di Legendre.
Massaia (compone il 112): Pronto, polizia?
Davide: Va bene, signora, non importa. Mi arrangerò.
Massaia: Sarà meglio.
Davide: Invece di pi punto, pi e basta.


Davide: Toc toc.
Massaia: Avanti.
Davide: Signora, ma lo sa che il suo appartamento è proprio in corrispondenza del segno meno?
Massaia (brandisce un battipanni): Fuori di qui!
Davide: Ma la struttura simplettica...


Davide: Toc toc.
Massaia: Chi è lei?
Davide: Sono un ricercatore in fisica.
Massaia: E non si vergogna a girare vestito da ruota di scorta?


Davide: Toc toc.
Massaia: Sì?
Davide: Vorrei dare fuoco al palazzo e scrivere le equazioni di Hamilton...
Massaia: Mi spiace, niente dinamica non relativistica sulla facciata del mio palazzo.


Davide: Cu punto con i...
Massaia: Slam.


Davide: Toc toc.
Massaia: Sì?
Davide: Ho un'autorizzazione del condominio per dare fuoco al suo appartamento.
Massaia: Cosa?
Davide: È anche firmata dall'amministratore.
Massaia: Ma cosa dice?!
Davide: Se n'è parlato alla riunione di venerdì scorso.
Massaia: Se ne vada! Aiuto!
Davide: Sono Michael Knight.
Massaia: Ah. Poteva dirlo prima.
Davide: Scusi.
Massaia: Faccia attenzione allo scaldabagno, però.