Si era a Pavigi, qualche tempo fa. Chi ha camminato un po' per questa città raramente dimentica la scoperta del Beaubourg, un'esperienza a metà tra la scena finale di un film senza limiti di budget girato da David Lynch sotto acido e la vista di una mandria pazza di elefanti africani inferociti lanciati a 50 km/h nella direzione sbagliata. (Altro che vignette di Kroll sulla stazione di Liegi). Il comune ha istituito un ambulatorio in piazza per soccorrere i turisti che credevano di essere nel centro di Pavigi e cadono preda di improvvise convulsioni epilettiche, con tanto di schiuma alla bocca (almeno è quello che è successo a me). Generalmente comunque ci si riprende in fretta e ci si accorge che l'edificio ospita regolarmente esposizioni di arte moderna.
Quella volta che si era a Pavigi, era il turno di una completissima retrospettiva sul noto pittore contemporaneo Pierre Soulages. Sirvana mi propone di andare a visitare la mostra. Dodici euro, dice. Non è tantissimo, dico io, vabbè, facciamolo. Poi Sirvana mi spiega che li dovevo dare io a loro, i dodici euro, e allora le prometto di documentarmi un po' sull'Artista [sic] prima di decidere.
Non è certo necessario ricordare ai miei lettori chi è Pierre Soulages. Ecco alcune delle opere più celebri del suo primo periodo:
Ops, chiedo scusa. Le ho pubblicate sottosopra.
La vigorosa cromaticità dell'Artista [sic] già mi impressiona favorevolmente. Cerco il video di presentazione della mostra
e rimango colpito dal seguente frammento (3:02):
Et puis, en 1979, comme toujours chez un Artiste, il y a des moments d'interrogation, de doute. Un beau jour, une belle nuit, il est face à une peinture qu'il n'arrive pas à terminer. Il est embarrassé dans cette peinture noire, dont il ne sort, semble-t-il, pas grande chose. | E poi, nel 1979, come capita sempre a un Artista [sic], ci sono dei momenti di messa in discussione, di dubbio. Un bel giorno, una bella notte, [Soulages] si trova di fronte una tela che non riesce a terminare. È a disagio con questo quadro nero, dal quale non gli sembra di riuscire a trarre granché. |
Et c'est là où il va s'apercevoir qu'il a au fond ouvert une nouvelle voie, qu'il va intituler « l'outre-noir » et qui consiste à recouvrir la totalité de la surface d'un seul noir. | Ed ecco che si rende conto di aver in effetti aperto una nuova via, che intitolerà "l'oltre-nero" e che consiste nel ricoprire la totalità della superficie di un solo nero. |
Come restare insensibili di fronte a una poetica di cotanta profondità! Assorto nella contemplazione insistita dell'oltre-nero, il mio spirito si immagina perso in una notte di maggio profumata, nei vicoli di una città del Mediterraneo, seduto a tavola con Gennaro Soulages e il suo amico Ciro. Gennaro Soulages spiega che c'è una tela che non riesce proprio a terminare. L'ha dipinta per metà di nero, e per l'altra metà l'ha lasciata bianca, come ha fatto per decenni. Ma stasera... qualcosa non va. Nel suo atelier di vico della Tofa, gli sembrava che la tela lo fissasse con gli occhi delle pennellate nere da lui tracciate, e in quelle pupille lineiformi si perdeva la sua ispirazione. Dopo ore di lavoro frustrante, Gennaro Soulages getta a terra con rabbia lo strumento (così egli chiama i pezzi di cartone che usa per dipingere) e esce in strada, in maniche di camicia per il sudore della concentrazione. È una notte senza luna e silenziosa, tranne per un pianoforte che suona lontanamente. Gennaro Soulages è solo nel buio del vicolo e vede le stelle fisse, piccoli buchi che sembrano prendersi gioco di lui ammiccando attraverso il velluto nero della volta celeste. È l'attimo che attendeva: Gennaro Soulages capisce cosa manca alla sua Arte: da quel momento, la tela nera e bianca è soltanto passato, non ha più senso tornare a dipingere come prima! In preda a un'eccitazione febbrile, Gennaro corre a casa del suo amico Ciro, lo tira giù dal letto e lo inchioda alla sedia impagliata della sala da pranzo con il racconto in crescendo della sua ispirazione!
Certo, è soltanto un salto mortale della mia immaginazione. Se fossi Erri de Luca, direi qualche fesseria tipo che se Pierre Soulages fosse stato il napoletano Gennaro Soulages, non sarebbe mai giunto all'oltre-nero, non sarebbe riuscito a dipingere nemmeno una sola tela bianca e nera; perché a Napoli non c'è nulla di bianco o nero, ed è impossibile ignorare i colori. Più realisticamente, mi tocca osservare che se veramente Gennaro Soulages avesse tirato giù dal letto per questa storia il suo amico Ciro, costui lo avrebbe gonfiato di mazzate e avrebbe aperto un innovativo filone di epiteti combinando il prefisso "oltre-" alle dubbie qualità morali della madre di Gennaro. Ancora più realisticamente, sono sicuro che Gennaro Soulages non sarebbe mai giunto a realizzare una tela bianca e nera, perché non sarebbe riuscito a parlarne a nessuno senza rimediare uno scappellotto. Un personaggio che pensa a dipingere tele bianche e nere; che, dopo quarant'anni di ricerca intensa, capisce che deve dipingerle interamente nere; se fosse cresciuto a Napoli, saje quanta bbuffi. Napoli forse non avrà mai il suo Soulages; ma sono grato a questa città per tutti gli scappellotti che mi ha generosamente elargito per mano dei miei compagni di scuola, senza i quali sarei ancora meno sveglio di quanto non sia oggi.