venerdì 25 gennaio 2008

Rivelazioni

Proprio pochi giorni dopo aver firmato la petizione a sostegno dei docenti della "Sapienza", i quali devo veramente raccontare tutta la storia? la sapete, no? il Santo Padre, i gruppi satanici, i perseguitati politici per la difesa dei valori cattolici, la magistratura comunista... firmate, comunque, magari cade anche il governo del Vaticano, riecco il collegamento, e rieccolo, arieccolo, più grande, più piccolo, più medio, non avete scampo, clicca qui, ha ha ha ha, congratulazioni! sei il milionesimo visitatore di questo sito! clicca qui per ritirare il tuo premio, take your chance and enjoy your bigger penis, no, sul serio, firmate ...a pochi giorni da voi-sapete-cosa, l'Altissimo ha pensato bene di segnalarmi in maniera chiara e inequivocabile che non solo esiste, ma mi tiene anche d'occhio.

Ma io, da stolto ateo agnostico paragnosta pagnotta gotta gatto Silvestro trentuno notturne serali scuole che sono, l'ho presa per una banale coincidenza. Lo so, brucerò in eterno nel fuoco della Geenna per questo, ma sono convinto che se ci si attrezza non è tanto male però sarebbe divertente se un giorno mi ci trovassi veramente, sai quanto mi prenderebbe per il culo l'Altissimo? sarebbe uno smacco intollerabile. Lo dice anche Woody Allen:

I don't believe in an afterlife, although I am bringing a change of underwear.

E se lo dice lui, io ci credo. mi fido di Woody Allen, fa un sacco di battute che non capisco e che quindi saranno intelligentissime

Stamattina ero dunque sul tram e, come tutti gli italiani che erano seduti al posto mio nel tram numero 8 in cui mi trovavo, leggevo un libro di Odifreddi che mi ha regalato mia madre. ora però non mi linciate perché leggo Odifreddi, per questo ho scritto che me lo ha regalato mia mamma, avrei potuto nascondervelo ma è funzionale a quanto sto per raccontare Alla fine di una intervista (immaginaria) mica tanto ovvio a Niuton, Odifreddi domanda:

Può dire allora, per concludere, una battuta su come si sente dopo aver vissuto una vita intellettuale intensissima?

Niuton non si fa pregare e così, su due piedi, risponde:

Come un bambino che gioca sulla spiaggia, e trova di tanto in tanto un sassolino più levigato o una conchiglia più bella del solito, mentre il grande oceano della verità giace sconosciuto davanti a me.

La memoria corre immediatamente a quel capolavoro della letteratura surrealistica che è Meccanica quantistica sullo spazio delle fasi e, in particolare, allo struggente capitolo conclusivo, del quale riporto uno stralcio:

Beh? E che c'è di strano?

C'è di strano che mezz'ora dopo consegnavo la tesi di dottorato.

Come interpretare questo segno dall'alto? Cosa ha voluto dirmi l'Altissimo? Snocciolo le ipotesi più ovvie.

  • Figlio. Convertiti. Sgozzerò il vitello grasso. (voce tonante)
  • Figlio. Convertiti. Sgozzerò il vitMMMUUUUUU
    UU
    UUUUUUUUUUUUUUUUUUAAAAaaa
    aaaa
    aaagghhlhlllhhhllhllllhhhhh...
    (anche la voce del vitello è tonante)
  • Ti vedo!
  • Tu! TU IN FONDO ULTIMO BANCO SMETTILA IMMEDIATAMENTE O TI METTO UNA NOTA SUL REGISTRO!
  • Tana per Davide!
  • Figlio. Io sono Niuton.
  • Figlio. Io sono Odifreddi.
  • No. I am your father.

Ma soprattutto, quale citazione ho scelto per i ringraziamenti della mia tesi di dottorato?

giovedì 17 gennaio 2008

Un pasticciere trotskista...

Ma chissà come mai proprio oggi sono andato su Tutubo a riguardare questo leggendario spezzone...

Quanta amarezza. C'è un'unica via d'uscita...

mercoledì 16 gennaio 2008

Abiura di Galileo

Sullo spunto dei recenti fatti di cronaca, pubblico una rivisitazione lirica dell'abiura di Galileo Galilei ad opera di Piergiorgio Odifreddi, matematico e scrittore.

Oggi, mercoledì 22 giugno 1633, io Galileo Galilei, figlio di Vincenzo, di anni settanta, sono costituito personalmente in giudizio nella gran sala del convento di Santa Maria sopra Minerva in Roma. Vesto il camice bianco dei penitenti, e sto inginocchiato davanti a Voi, Eminentissimi e Reverendissimi Cardinali, inquisitori generali della Repubblica Cristiana contro l'eretica malvagità. Ho davanti agli occhi i Sacrosanti Vangeli, che tocco con le mie proprie mani, e giuro che ho sempre creduto, credo adesso, e con l'aiuto di Dio crederò per l'avvenire, tutto ciò che predica e insegna la Santa Cattolica e Apostolica Chiesa.

Sono stato denunciato nel 1615 a questo Santo Uffizio per aver tenuto per vera e insegnata la dottrina che il Sole stia immobile al centro del mondo, e che la Terra si muova di moto diurno, in opposizione alle Sacre e Divine Scritture che affermano che Giosuè fermò il Sole. Il 26 febbraio 1616 l'Eminentissimo Cardinal Bellarmino mi ha ordinato di abbandonare questa falsa opinione e di non insegnarla, e in sua presenza il Padre Commissario del Santo Uffizio mi ha benignamente avvisato e ammonito che altrimenti sarei stato incarcerato.

Contrariamente al salutifero editto allora emanato dalla Sacra Congregazione dell'Indice, che proibiva i libri che trattano di questa falsa dottrina, io ho pubblicato lo scorso anno un "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo", nel quale mi studio, con vari raggiri, di persuadere che il sistema copernicano sia indeciso e addirittura probabile. Confesso di aver scritto il libro in volgare e in forma dialogica, perché ogni persona potesse leggerlo e sapere che il Signor Dio, come gli ha dato gli occhi per vedere le opere Sue, gli ha anche dato il cervello per poterle capire.

Per aver tenuto e difeso per probabile un'opinione dichiarata contraria alla Sacra Scrittura, sono incorso nelle censure e pene dei Sacri Canoni e delle altre Costituzioni Generali e Particolari promulgate contro i delinquenti, ma il Santo Uffizio mi ha offerto l'assoluzione a patto che, a cuor sincero e con fede non finta, abiuri, maledica e detesti i suddetti errori ed eresie, e accetti come punizione la recita settimanale per tre anni dei Salmi penitenziali, gli arresti domiciliari a vita, e la proibizione perpetua del mio libro.

E io, Galileo Galilei, volendo levare dalla mente delle Eminenze Vostre e di ogni fedele cristiano il sospetto su di me giustamente concepito, con cuore sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto i suddetti errori ed eresie, accetto le punizioni giustamente inflittemi, e giuro che per l'avvenire non dirò o asserirò mai più, a voce o per scritto, cose sospette, e che denuncerò chiunque lo faccia. Ma sono conscio che, col mio collaborazionismo, tradisco la mia professione e commetto il peccato originale della nuova scienza, che più di ogni altro ho contribuito a far nascere.

Perché oggi sono inginocchiato di fronte a voi, Reverendissimi Padri, nella posizione del credente che guarda a terra con gli occhi chiusi. Ma a lungo ho vissuto a testa alta, nella posizione dello scienziato che guarda al cielo con gli occhi aperti. E quante cose ho visto attraverso il cannone, o occhiale, che ho costruito nel 1609, e che la sera del 14 aprile 1611 abbiamo convenuto, a cena sul Gianicolo dall'amico Principe Cesi, di chiamare telescopio! L'Eminentissimo Cardinal Bellarmino lo sapeva, perché non rifiutò, come altri, di guardarci dentro, per paura di vedere i monti e le valli della Luna, le fasi di Venere, i satelliti di Giove, le anomalie di Saturno, la rotazione e le macchie del Sole, le stelle delle Costellazioni e la Via Lattea.

Lo sapeva, e avrebbe dovuto gioire di questa mirabile compagine del Sole, dei pianeti e delle comete, che non avrebbe potuto essere senza consiglio e volere di un Ente intelligentissimo e potente. Un Ente che regge il tutto, non come Anima del mondo, ma come Signore di tutte le cose. Un Ente che dura sempre ed è presente ovunque, ed esistendo sempre ed ovunque, costituisce la durata e lo spazio, il tempo e l'infinità.

Un Ente che non ha corpo, né forma, cosicché noi non lo possiamo vedere, né toccare, né intendere. Un Ente che non dobbiamo assolutamente adorare sotto forme sensibili, come già ordina un Suo proprio comandamento, che la nostra Santa Madre Chiesa ha invece scelto di ignorare.

Così come hanno scelto di acquistare tutte le cognizioni della natura, agiatamente e senza esporsi alle ingiurie dell'aria, col solo rivoltare poche carte, i teologi e i filosofi "in libris", ritirati in studio a scartabellare indici e repertori per scrivere ciò di cui non intendono, così che non s'intende ciò che essi scrivono. E usurpano le Sacre Scritture e le opere dello Stagirita, perché è più facile coprirsi sotto lo scudo di un altro, che il comparire a faccia aperta. Ah, viltà d'ingegni servili, e vana presunzione di intendere il tutto, che non può che derivare dal non aver inteso mai nulla!

Calatevi per una volta dal trono della maestà biblica e peripatetica, per discutere intorno al mondo sensibile, e non sopra mondi di carta! Aprite la mente alle ragioni sottilissime, e perciò difficili a essere comprese, invece di rimaner persuasi dalla vana apparenza della falsità. Apprendete le scienze matematiche, che uguagliano la divina cognizione nella certezza obiettiva, perché arrivano a comprendere la necessità. Smettete di dimostrare solennemente "ignotum per ignotius", e ricordate che affinché i calcoli tornino sullo zucchero e sulla seta, bisogna fare la tara della cassa e dell'involucro.

Imparate, dalla mia antica lettera a Sua Altezza Serenissima Madama Cristina di Lorena, Granduchessa di Toscana, che sebbene la Scrittura non può errare, possono nondimeno errare alcuni suoi interpreti ed espositori, che si fermano al puro significato delle parole. Perché nel mondano sistema tolemaico, se Giosuè avesse fermato il moto del Sole, avrebbe accorciato e fatto più breve il giorno, mentre per allungarlo avrebbe dovuto fermare il Primo Mobile! È nel "mio" sistema, invece, che per allungare il giorno avrebbe dovuto fermare il Sole, e dunque la Terra alla quale esso dà non soltanto la luce, ma anche il moto.

Quella lettera fu il mio primo errore, basato sull'illusione che i rapporti fra la nuova scienza e la vecchia fede potessero essere regolati sulla base di ciò che avevo appreso dall'Eminentissimo Cardinal Baronio: che l'intenzione dello Spirito Santo è di insegnarci come si vada al cielo, e non come vada il cielo. Il mio ultimo errore fu l'aver ceduto alle richieste del Maestro del Sacro Palazzo, concludendo il libro con la mirabile e angelica dottrina del Santissimo Padre, Nostro Signore Urbano VIII: che Dio avrebbe potuto e saputo disporre diversamente gli orbi e le stelle in modo da salvare i fenomeni, perché la possibilità che le cose accadano altrimenti da quanto la scienza ha escogitato, non implica contraddizione.

La stessa dottrina, che la scienza sia ipotetica e non assoluta, fu usata nell'apocrifa "Epistola preliminare" all'opera di Niccolò Copernico. Ma giustamente Giordano Bruno chiamò "asino ignorante e presuntuoso" chi ve la attaccò, perché dove non arrivano le ipotesi matematiche, meno ancora arriveranno le puerizie scurrili e le scempie inezie. Ingiustamente invece io abiuro, perché concedendo oggi ai Reverendissimi Padri che Iddio ha fatto l'universo più proporzionato alla piccola capacità del loro cervello, che all'immensa e infinita Sua potenza, stabilisco un esempio che altri scienziati ignavi potranno seguire domani e sempre.

Ho creduto di poter salvare la fede, benché fossi un pubblico peccatore, padre di due figlie illegittime che ho costretto a farsi suore dopo averne ripudiato la madre, mia concubina. Ma ho finito per condannare la scienza, benché fossi il suo pubblico difensore, inventore del suo metodo e scopritore delle sue prime leggi. Delle mie opere giudicherà il Tribunale della Ragione, e io non avrò mai per male che mi si palesino i veri errori che ho commesso, a partire dalla teoria delle maree.

Della mia abiura giudicherà invece il Tribunale della Storia. L'ho compiuta per vigliacca paura delle macchine che mi avete mostrato, e della spada che sottomise lo spirito superbo del Nolano. Il Martire sarà ricordato nei secoli da chi ha a cuore la verità, il suo Eminentissimo Boia sarà santificato da chi l'ha calpestata, ma per me non ci saranno che rimpianti, e il mesto ricordo di un'occasione perduta. L'intelligenza, voi che non l'avete, non ve la potete dare. Ma io, il coraggio, neppure.

Piergiorgio Odifreddi
Il matematico impertinente (2005)

venerdì 11 gennaio 2008

'A pasta cu 'a sarza

(Questa storia, già lo so, piacerà tanto a Sebastiano.)

Per farvi venire voglia di venirmi a trovare, vi racconto la mia ultima avventura scandinava. Dovete sapere che, in questo accogliente angolo di Europa subpolare, di pasta (alimentare) ne arriva pochina, che è anche una cosa ragionevole allorché uno si ricorda che fino a quarant'anni fa ne avevano solo sentito parlare.

Anzitutto, ci sono pochi formati: ditemi voi come si fa a fare pasta e piselli senza il tubetto, pasta e fagioli senza la pasta mista (la quale, lo sapevate? esiste solo a Napoli... sapevatelo!) o le orecchiette coi broccoli senza le orecchiette. (Meno male che i broccoli ci sono.) E poi ci sono anche poche marche! In ordine decrescente di qualità:

  • Barilla (e ho detto tutto);
  • una sedicente marca italiana "Zeta" (la quale però scrive "Buono per pasta!" sul pesto pronto o "Aubergine grigliate" sulle melanzane sott'olio... ma dico io, benedetto iddio, almeno imparate lingua prima scrivere);
  • varie marche di anemiche paste norvegesi (che scuociono se toccate con le mani bagnate).

A volte, se ti va di culo, in supermercati iperforniti e altamente specializzati, si trova la pasta de Cecco (la manna dal cielo). Potete quindi soltanto immaginare la mia letizia quando, accanto ai soliti spaghetti Barilla n. 5, scorgo un nuovo, attraente pacco rosso fiammante.

(Sì, lo so, non è lo scaffale del supermercato. È quello del bazar all'angolo. Fate finta.)

Poffarbacco, mi dico, questa è pasta napoletana! (Notare che dalla distanza a cui ero leggevo "Spaghetti" e "Napoli".)

Piglio e metto nel carrello, senza esitazione. (Qui mi viene in mente "Dogs":

You've got to be able to pick out the easy meat with your eyes closed
And then moving in silently, down wind and out of sight
You've got to strike when the moment is right without thinking.

Chiusa parentesi.)

Stasera decido di cucinarmi il mio cavallo di battaglia. Poiché però c'è tanta gente che si fa problemi a mangiare i cavalli, mi lascio convincere e ripiego su un onesto piatto di carbonara, da impreziosire con una grattata del pecorino che ho portato da Napule. Bene, mi dico, visto che ho il pecorino, facciamo le cose in grande e proviamo questa magica pasta napoletana. Tiro fuori il pacco...

...e mi accorgo subito che qualcosa non va. Sento che una parte dello scatolo è più pesante e rigonfia dell'altra. Un presagio di sventura mi corre lungo la spina dorsale. Incuriosito, apro la confezione.

Nell'ordine, estraggo:

  • 403 g di spaghetti, "100% Hartweizen" (grano duro). Notare la precisione teutonica nella determinazione del peso;
  • un misterioso sacchetto di alluminio contenente una sostanza liquida e un po' melmosa;
  • Una bustina contenente "Geriebener Hartkäse" (formaggio duro grattugiato);
  • Una bustina contenente "Würzende Mischung mit Kräutern", molto diplomaticamente tradotto in italiano come "miscela aromatica".

Sconfitto ormai su tutta la linea dall'avanzata della Wehrmacht, prendo il pacco e finalmente leggo "Spaghetti alla Napoli". Chi ha vissuto per un po' all'estero sa benissimo dell'esistenza di questo fantastico piatto. Così come l'insalata russa non è russa, le French fries non sono French e la genovese non è genovese, anche la pasta "Napoli", "alla Napoli" o "alla Napoletana" che dir si voglia non è napoletana. A Napoli, la pasta alla Napoli si chiama "pasta cu 'a sarza".

La mia congettura si rivela corretta. Sul retro del pacco mi si svela il contenuto del misterioso sacchetto di alluminio.

PASTA DI SEMOLA DI GRANO DURO CON PREPARATO PER SUGO DI POMODORO, MISCELA AROMATICA E FORMAGGIO
[...]
Preparazione: Lasciar cuocere gli spaghetti in circa 4-5 litri di acqua salata per 7-8 minuti [acqua abbondante, se no vengono limacciosi], girando di tanto in tanto [bravo]. Scolare in uno scolapasta [bravo]. Nel frattempo versare il doppio concentrato di pomodoro in una pentola conservando il relativo sacchetto contenitore [?]. Riempire d'acqua fino al segno (circa 300 ml) il sacchetto di alluminio [ah ecco! e dici "rifondici un po' d'acqua"!] ormai vuoto [meno male che specifica] e aggiungere alla salsa nella pentola. Aggiungere al tutto il mix per aromatizzare, 1-2 cucchiai di olio di oliva o [attenzione] un pezzetto di burro [!!!] (circa 30 gr) [sic] e mescolare. Portare a cottura per un breve periodo.

E ora sono disperato. Non so che fare. Lo potrei buttare, ma mi piange il cuore. Lo potrei provare... ma ho paura che mi piaccia.