sabato 20 ottobre 2007

Chiare, fresche e dolci acque

Pare na strunzata, ma se ci pensate un attimo vi accorgerete che il funzionamento dello sciacquone si ammanta di un je-ne-sais-quoi di sorprendente e misterioso (come sempre, quando c'entrano i liquidi); ad esempio, non importa uno quanta acqua versa nel gabinetto, questo non si riempie (quasi) mai. Anzi, se l'acqua viene gettata con impeto sufficiente, il livello si abbassa! E poi: coma fa lo sciacquone a sapere quando si è svuotato completamente, in maniera da chiudere la valvola di scarico?

Voi ridete, ma ridereste meno se vi rendeste conto che c'è gente che su queste cose ha scritto dei libri. Non ci credete? Deve essere così: poiché ogni forma di conoscenza si tramanda per iscritto (nella nostra società), ci saranno anche dei libri che descrivono come funziona uno sciacquone. E prima che me lo chiediate, no, non ce li ho (purtroppo). Ma li desidero ardentemente.

In compenso, l'ubiqua Wikipedia ci offre un decente surrogato di conoscenza, evidentemente opera di un amatore appassionato (come biasimarlo?). Permettetemi di citare questo passaggio:

Esistono oggi numerose versioni di tale dispositivo, ma qui ci limitiamo a descrivere il tipo primordiale a catenella, per la sua semplice ingegnosità.

Io, in questa frase, leggo tutto l'amore di quest'uomo per il suo sciacquone. Ed ha ragione. È ingegnoso, ma è anche semplice.

Vi risparmio la parte tecnica (però andatevela a leggere) per dedicarmi invece a quella che è la mia esperienza personale con sciacquoni, catenelle, tazze del cesso et similia. Nel corso del mio peregrinare ho esplorato molte stanze da bagno, e più volte mi sono imbattuto in installazioni discutibili come queste due:

StoccolmaNew York
Un citofono? In bagno? E perché dovrei voler chiamare la reception mentre sono in bagno?

Ci sono tante ragioni per volerlo fare.


Reception: Reception.
Io: Buongiorno, chiamo dalla stanza seicentotré.
Reception: Mi dica, signore.
Io: Sto facendo cacca.
Reception: ...
Io: ...
Reception: ...
Io: Gnnnnn.

Reception: Reception.
Io: Buongiorno, chiamo dalla stanza seicentotré.
Reception: Mi dica.
Io: Non riesco a fare cacca.
Reception: Vuole che salga qualcuno a farle un clistere?
Io: Eh, magari.
Reception: Le mando subito l'infermiera.

Reception: Reception.
Io: Plof.

Io: Pronto?
Reception: Qui è la reception.
Io: Mi dica.
Reception: Può alzare il tarallo quando fa pipì?
Io (colto in fallo): Ah, sì, mi scusi.
Reception: Anzi, guardi, faccia così, la faccia da seduto.
Io: Sì, sì, va bene.
Reception: Scusi, eh.
Io (mortificato): No, scusi lei.

Reception: Reception.
Io: Credo che ci sia accumulo di detriti nel gomito G1.
Reception: Come?
Io: L'acqua ha superato il dislivello ΔL.
Reception: Il dislicosa?
Io: Si è allagato il bagno.

Reception: Reception.
Io: Qui è la stanza seicentotré.
Reception: Dica.
Io: Vorrei ordinare una colazione in camera.
Reception: Ma certo. Cosa desidera?
Io: Dunque, caffè, cornetto...
Reception: ...sì...
Io: ...succo d'arancia... toast, burro, marmellata...
Reception: ...sì...
Io: ...prosciutto, formaggio...
Reception: ...sì...
Io: e anche un po' di pane.
Reception: Va bene.
Io: Ah, e un'ultima cosa.
Reception: Dica.
Io: Sto facendo cacca.
Reception: ...
Io: ...
Reception: ...
Io: Gnnnnn.

venerdì 19 ottobre 2007

Della Natura e delle sue meraviglie

Lo scienziato: chi è costui? (Ma soprattutto, come si pronuncia "scienziato"? Non temete, mi sto documentando e un giorno di questi vi illumino). Non esiste una definizione sulla quale ci sia accordo unanime; come dicono a Casavatore: quot capita, tot sententiae. Alla domanda "cos'è uno scienziato?", gli esperti rispondono così:

  1. Studioso che si dedica alla ricerca scientifica, allo studio di una o più scienze naturali, fisiche o matematiche (secondo il vocabolario);
  2. Personaggino destinato dal positivismo delle masse alle seguenti invenzioni:
    • l'automobile che non inquina;
    • la fonte di energia pulita e illimitata;
    • il teletrasporto;
    • la macchina del tempo;
    • la pistola laser;
    • la pasta che non scuoce;
  3. Individuo spettinato che indossa occhiali da vista e un camice bianco, armeggia con provette e matracci, pronuncia la parola "reazione" numerose volte al giorno e ha una vita sessuale limitata e insoddisfacente;
  4. Parassita sociale che sfrutta ignobilmente i soldi dei contribuenti per dedicarsi con totale sfacciataggine ai suoi giocattoli, girare il mondo zompettando di conferenza in conferenza, impollinare compiacenti colleghe/i (già che si trova) e convincere i contribuenti stessi che in realtà adesso sì è vero la ricerca costa ma è indispensabile perché se no tra trent'anni poi vi faccio vedere senza ricerca di base la tecnologia col cazzo quindi posate i soldi kthxbye;
  5. Non ti sento, ho il rubinetto aperto;
  6. Gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia;
  7. Globz.
In realtà, la risposta esatta è l'ottava (e non mi dilungherò qui sugli innumerevoli significati cabalistici del numero otto):
  1. Un curiosone.

Lo scienziato, ordunque, quest'oggetto misterioso che tanto timore incute al comune mortale (leggi: non fa acchiappanza), non è altro che un bambinone che non ha perso la capacità di stupirsi di fronte alle meraviglie della Natura (leggi: un demente). Se questa descrizione vi ricorda qualcuno, probabilmente si tratta del vostro dottorando da asporto preferito (io). Costui, infatti, pur essendo ben lungi dall'essere considerabile uno scienziato, tuttavia si atteggia a tale comportandosi in maniera tipicamente scienziatizia.

In pratica, tutto il papiello che ho scritto fin qui è solo un'introduzione; ciò che mi premeva era arrivare a questa domanda: come funziona uno sciacquone?

La risposta nella prossima gibella.

mercoledì 17 ottobre 2007

Lyset är tänt och råttorna dansar på bordet

Se il gatto non c'è, i topi ballano (sul tavolo, ci dicono gli amici vichinghi). D'altra parte, la luce è accesa ma non c'è nessuno in casa; ergo, la luce è accesa e i topi ballano sul tavolo.

Non fa una grinza.

domenica 7 ottobre 2007

L'annosa questione dell'uovo e della gallina

No, sentite. Lo so che non ve ne frega un tubo dell'etimologia, ma questa è troppo bella.

A questo indirizzo trovate l'etimo di una parola tanto comune da rendere quasi offensivo il parlarne: "uovo". Dalla pagina in questione ho scoperto le seguenti tre cose.

  1. La parola "uovo" è imparentata con la parola inglese "egg". Già questo mi sembra notevole;

  2. Da dove viene "uovo"? Bravi, dal latino "ovum". E la parola latina da dove viene? Qui vi volevo. Permettetemi allora di citare il Pianigiani:
    [..."ovum"], che gli etimologi suppongono rappresentare una forma ÂVJAM, che sarebbe in sanscrito un aggettivo proveniente da AVIS uccello [...] sicché a lettera significherebbe: ciò che proviene dall'uccello.
    Questo mi sembra ancora più notevole.

  3. Ma soprattutto, dal punto 2. si deduce finalmente che è nata prima la gallina e poi l'uovo.

sabato 6 ottobre 2007

La venuta del Maestro

La settimana scorsa mi è venuto a trovare uno dei miei amici più cari e più vecchi, un amico d'infanzia. Non ne farò il nome per due motivi: uno, perché non approverebbe che lo si nomini invano, e due, perché non gli piacerebbe se sapesse (se saprebbesse...) che il suo nome compare su Internet, per di più in un pluzio. Mi limiterò pertanto a riferirmi a lui con le sue iniziali OP; a chi lo conosce dovrebbe bastare senz'altro.

Dovete sapere che OP è un tipo un po' distratto e che questo dà spesso luogo al verificarsi di numerose gag. Se lo conoscete, sapete benissimo che ciò che ho appena scritto in realtà non è altro che un delicato eufemismo per descrivere la sua completa mancanza di concentrazione. È venuto qui per cinque giorni e si è portato due borsoni, uno grande e uno medio, più un borsello da passeggio che pesa circa tre chili e una borsetta rosa shocking — che però gli aveva dato mia mamma — ricolma di vettovaglie e regalini; e non ridete. Vabbè, molte donne qua non avranno neanche capito cosa ci sarebbe da ridere (battuta facile, perdonatemela).

In verità non ho capito cosa c'era in quelle borse, a parte uno-due paia di pantaloni, un maglione e l'accappatoio (...). Paia di scarpe non ce n'erano. Cappotti non ce n'erano. Sci non ce n'erano (credo). In compenso, OP si è portato un ombrello. "Bravo", direte voi. Già. Bravo. È vero che qui non è sempre utilissimo (io non lo uso mai) perché spesso tira vento forte, ma è senza dubbio ammirevole che lui ci abbia pensato, no? Ecco.

L'ombrello era rotto.

La fortuna, però, lo ha premiato con un magnifico ombrello seminuovo rosso e verde formato famiglia, evidentemente abbandonato in balia degli elementi in centro città da un cittadino distratto.

Come dicono gli inglesi, però, what goes around comes around. Nei cinque giorni trascorsi da OP a Göteborg, l'ombrellone rosso e verde è stato dimenticato tre volte: la prima volta a casa; la seconda in un bar; la terza, chissà.


Scena

Davide è in cucina a preparare la cena: farfalle panna e salmone. Delle cipolle soffriggono in una padella sul fornello; nel piatto di una bilancia si intravedono circa trecento grammi di farfalle crude.

All'apertura del sipario, Davide sminuzza il salmone con le mani. Pochi istanti dopo, allunga il collo per dare un'occhiata alla padella.

Davide (chiamando, ad alta voce): OP!
OP (entrando): Eccomi.
Davide: P, fammi un piacere, metti l'acqua nella pentola e accendi sotto, che io ho le mani sporche di salmone.
OP: Subito.

OP toglie la padella dal fuoco e la avvicina con fare risoluto al rubinetto.

Davide (a metà fra l'incredulità e il terrore): OP!!!


Infine: scambio di SMS tra me e OP all'indomani del suo ritorno a Napule.

OP: Ué, 'o Mancù, tutto a posto? Sei a lavoro? Io sto per tornarci ora. Mancù, ccà fa nu fetente (la parola originale era un po' più esplicita, NdR) 'e calore!

Davide: Sì, sono a lavoro. Ieri ha fatto 'o patapato 'e ll'acqua (violento acquazzone, NdR) e io ovviamente ero in bicicletta. A presto...

OP: ...e ovviamente stavi senza ombrello? A presto.

Davide: L'ombrello? In bicicletta? Non finirai mai di stupirmi.