La fisica — diciamocelo — non è mai stato un argomento di conversazione particolarmente popolare. La gente preferisce parlare del tempo, del pallone o dell'ermeneutica heideggeriana. Chi trae piacere da una discussione sull'elicità dello spinore di Dirac (sì, vi vedo là in fondo, potete abbassare le mani) sa di far parte di una specie rara, forse in via d'estinzione, e probabilmente è meglio così. Dico, magari questa specie si porterà nella tomba anche la notizia dell'esistenza dello spinore di Dirac.
Per qualche motivo imprecisato, tuttavia, alcuni concetti di fisica sono riusciti a superare la barriera naturale del circolo degli iniziati e si sono talmente diffusi nella comunità che sono giunti ad esercitare fascino ed attrattiva persino sull'uomo della strada. Occhei, non proprio sull'uomo della strada. Su moltissime persone. Molte persone. Alcune. Poche. Con gli occhiali. Un po' secchioncelli. Tipicamente disadattati sociali. Insomma, quelli che avrebbe potuto studiare fisica ma sono finiti a ingegneria.
Torniamo alla fisica. Si potrebbero fare numerosi esempi di argomenti di conversazione fisicheggianti alla portata dei personaggi di cui sopra. Si potrebbe anche andare a Bardonecchia in ginocchio con una molletta per i panni attaccata al pisello, ma non mi sembra un buon motivo per farlo. Ergo, mi limiterò a menzionare i casi più eclatanti.
Un argomento che va sempre molto forte è la teoria della relatività. La cosa non sorprende, giacché l'abbandono di spazio e tempo newtoniani a favore di un continuum quadridimensionale è una cosa che va giù a pochi, specie a quelli che si erano affezionati. Ma così è la scienza: un giorno di luglio ci si mette in macchina con lo spazio e il tempo newtoniani, si va in autostrada, li si fa scendere in una piazzola di sosta e si scappa. Non sarà carino, ma è necessario per comprendere le leggi che regolano la luce. Alcuni anni dopo, infatti, furono scoperti l'interruttore e l'ENEL. Lo spazio newtoniano è stato investito da un TIR mentre tentava l'attraversamento della Como-Chiasso. Il tempo, invece, volge al bello.
Un altro cavallo di battaglia dei nerd succitati è la meccanica quantistica. Anche qui, come per la relatività, saranno in pochi a gridare allo scandalo. (Bisognava farlo prima, quando l'hanno inventata. Ora è troppo tardi.) La meccanica quantistica, infatti, mette a dura prova gli elementi più fondamentali della nostra esperienza quotidiana, come l'idea che gli oggetti si trovino in un posto o che esistano quando non li si guarda. Anche se certi (io) vedono queste peculiarità come chiare indicazioni del fatto che questa teoria dovrebbe essere usata per accendere il fuoco nei caminetti e che si dovrebbe ricominciare dallo spettro del corpo nero, altre persone più qualificate di me hanno portato avanti coraggiosamente queste idee e ne hanno fatto una teoria e un credo. Vorrei però che tutti siano consapevoli di come sono andate in realtà le cose. Tra le persone "più qualificate" c'era Louis de Broglie, un laureato in storia che ha sostenuto la natura ondulatoria della materia nella sua tesi di dottorato. Storia. Non ci posso pensare. Se fossi stato io il relatore di de Broglie, le cose sarebbero andate così:
de Broglie: ...e quindi l'idea è che l'elettrone in realtà è un'onda.
Davide: Un'onda?
de Broglie: Ma sì.
Davide: Forse lei vuol dire "una particella".
de Broglie: Anche.
Davide: de Broglie, non faccia lo spiritoso. Non siamo alle scuole elementari.
de Broglie: No, professore, davvero! L'elettrone è un po' qui, un po' lì, ma il nostro linguaggio non è adatto a parlarne...
Davide: Allora torni quando avrà imparato.
de Broglie: Ma la doppia natura delle particelle...
Davide: Ma lei non era laureato in storia?
de Broglie: Sì.
Davide: Vada a zappare la terra.
Purtroppo, a quei tempi io non c'ero, e così oggi, per colpa di de Broglie e dei suoi amichetti, ci ritroviamo eredi di una teoria che funziona alla grande e della quale nessuno capisce niente. E non voglio neanche toccare l'argomento "teoria quantistica dei campi".
Ma nessuno degli argomenti di cui ho parlato finora può uguagliare in popolarità il secondo principio della termodinamica, universalmente (?) riconosciuto come terra di confine tra fisica e poesia. A dimostrazione di ciò cito un brano del S. Rosati, "Fisica generale", il mio libro di testo per l'esame di Fisica I.
Le continue trasformazioni che avvengono in natura fanno diminuire costantemente le differenze tra le temperature dei vari corpi e, come conseguenza, l'energia assume forme sfruttabili sempre più difficilmente, cioè l'energia si degrada. Così, la temperatura del sole diminuisce costantemente e quando dappertutto si avrà la stessa temperatura ogni trasformazione di energia, e quindi ogni processo, sarà impossibile.
Che dire? Una scena apocalittica che non può non far pensare alla sigla di Ken il Guerriero. Questo ci insegna che ciò che rende così irresistibilmente attraente il secondo principio della termodinamica è il sentimento del Sublime che esso esprime e trasmette.
Se ci si lascia prendere la mano, però, è facile scivolare nella paranoia di vedere il riflesso del secondo principio nella vita quotidiana. Io, per esempio, ogni volta che prendo una scala mobile affollata mi domando sempre: e se uno qualunque dei passeggeri decidesse di intalliarsi al termine della scala? La macchina (termica) infernale continuerebbe a sfornare cristiani che finirebbero per accumularsi contro l'ostacolo maciullato in un carnaio sanguinolento. Il fatto che nessuno si intallei rappresenta per il sistema "scala mobile" una condizione molto ordinata, con entropia molto bassa. Come mai non si verifica mai il contrario? Vai a saperlo.
Altro esempio: scrivo un programma di sedicimila righe e sbaglio un'istruzione; invece di scrivere
if( a < b )
distrattamente scrivo
if( a > b )
Il mio programma ovviamente non funziona e ci metto tre ore a scoprire perché. Ora, dico io, di quanto differisce il programma corretto da quello sbagliato? Qualche byte, probabilmente. Qual è la probabilità che una tale fluttuazione si produca spontaneamente? Dev'essere enorme. E come fanno allora i programmi a funzionare?
Si immagini una stanza ermeticamente sigillata. All'interno della stanza ci sono io con una confezione di costruzioni Lego Technic, preferibilmente la ruspa o la benna che mi piacciono tanto. All'inizio, la ruspa è smontata e i pezzi sono ammassati in disordine sul pavimento; l'entropia delle costruzioni è alta. Io mi siedo pazientemente per terra e metto insieme i pezzettini per costruire la ruspa. Due ore dopo, la ruspa è pronta; i pezzettini sono in uno stato ordinato che più ordinato non si può: la loro entropia è diminuita notevolmente. Però attenzione! Poiché la stanza è un sistema isolato, la sua entropia complessiva non può che aumentare! E che fine ha fatto l'entropia che le costruzioni hanno perso?
La risposta è agghiacciante: è nella mia testa. Ecco che fine fa l'entropia. L'essere umano si affanna a creare ordine nel mondo, a spazzare, a fare meno casino, a piegare la Natura ai suoi voleri, a ridurre l'entropia dell'universo; e, così facendo, non fa altro che zucarsi l'entropia delle cose, assorbirla e produrne ancora un altro po' (perché le trasformazioni sono tutte irreversibili). Tutta quest'entropia non ci può fare bene. Altro che OGM, inquinamento e palle varie: il problema è l'entropia. Per curarmi da questo male, ho preso l'abitudine di enunciare cifre decimali a caso prima dei pasti, e di battere a caso sulla tastiera del mio computer dopo i pasti. Ieri sera dopo cena ho battuto per un paio d'ore, e quando sono andato a rileggere ho scoperto che avevo scritto questo brano:
Shall I compare thee to a summer's day?
Thou art more lovely and more temperate:
Rough winds do shake the darling buds of May,
And summer's lease hath all too short a date:
Sometime too hot the eye of heaven shines,
And often is his gold complexion dimm'd;
And every fair from fair sometime declines,
By chance, or nature's changing course untrimm'd;
But thy eternal summer shall not fade,
Nor lose possession of that fair thou ow'st,
Nor shall death brag thou wander'st in his shade,
When in eternal lines to time thou grow'st;
So long as men can breathe, or eyes can see,
So long lives this, and this gives life to thee.
Ben 5 brillanti interlocuzioni a proposito:
Mi sa che tu e Rosati usate la stessa versione di emacs che aveva certo W. Shakespeare...noto fanatico dell'open source!
;-)
ho scoperto che Louis de Broglie teneva un fratello maggiore gia' fisico...E' appresso al fratello che si appassiono' alla fisica e poi vinse un certo premio nobel. insomma se ci ho messo 8 MESI x fare l'esame di istituzioni di fisica teorica (che e' solo un piccolo assaggio di fisica quantistica) LA COLPA e' del fratello di de Broglie!!! nun putevn iuca' a pallone comm tutt e guagliun normali???
Mariella
diciamo che sono stata sul punto di abbandonare l'idea di lasciare un commento a causa del tuo "possibilmente brillantemente". suona minaccioso, o quanto meno dissuasivo, nelle orecchie di una povera personcina socialmente adattata, che di fisica capisce solo un fisico, e quando questi parla di fisica manco capisce più quello!
tornando a me, considero miseramente, ma anche in fondo orgogliosamente, un successo, la forza di volontà che mi ha spinta ad arrivare a leggere tutto il testo, giuro, sì, l'ho letto fino alla fine, anche se devo ammettere di essermi persa anch'io all'altezza di non so quale bretella autostradale...
e intanto cogito: forse un dottorato in urbanistica potrebbe realmente cambiare il corso della mia vita...
ma davvero usi emacs???? oddio, quanto male nel mondo.
(ok, mi è piaciuto molto quello che hai scritto, e anche i commenti, è tutto molto bello, ma da un informatico potevi aspettarti solo un commento del genere)
Qualche donna accusa dei defunti di aver abortito al ottavo mese, qualcun altra si fustiga ostinandosi nell'orgoglio.
Questo post è stato un vero trionfo della Madonna.
Interloquisci (possibilmente brillantemente)!