sabato 6 ottobre 2007

La venuta del Maestro

La settimana scorsa mi è venuto a trovare uno dei miei amici più cari e più vecchi, un amico d'infanzia. Non ne farò il nome per due motivi: uno, perché non approverebbe che lo si nomini invano, e due, perché non gli piacerebbe se sapesse (se saprebbesse...) che il suo nome compare su Internet, per di più in un pluzio. Mi limiterò pertanto a riferirmi a lui con le sue iniziali OP; a chi lo conosce dovrebbe bastare senz'altro.

Dovete sapere che OP è un tipo un po' distratto e che questo dà spesso luogo al verificarsi di numerose gag. Se lo conoscete, sapete benissimo che ciò che ho appena scritto in realtà non è altro che un delicato eufemismo per descrivere la sua completa mancanza di concentrazione. È venuto qui per cinque giorni e si è portato due borsoni, uno grande e uno medio, più un borsello da passeggio che pesa circa tre chili e una borsetta rosa shocking — che però gli aveva dato mia mamma — ricolma di vettovaglie e regalini; e non ridete. Vabbè, molte donne qua non avranno neanche capito cosa ci sarebbe da ridere (battuta facile, perdonatemela).

In verità non ho capito cosa c'era in quelle borse, a parte uno-due paia di pantaloni, un maglione e l'accappatoio (...). Paia di scarpe non ce n'erano. Cappotti non ce n'erano. Sci non ce n'erano (credo). In compenso, OP si è portato un ombrello. "Bravo", direte voi. Già. Bravo. È vero che qui non è sempre utilissimo (io non lo uso mai) perché spesso tira vento forte, ma è senza dubbio ammirevole che lui ci abbia pensato, no? Ecco.

L'ombrello era rotto.

La fortuna, però, lo ha premiato con un magnifico ombrello seminuovo rosso e verde formato famiglia, evidentemente abbandonato in balia degli elementi in centro città da un cittadino distratto.

Come dicono gli inglesi, però, what goes around comes around. Nei cinque giorni trascorsi da OP a Göteborg, l'ombrellone rosso e verde è stato dimenticato tre volte: la prima volta a casa; la seconda in un bar; la terza, chissà.


Scena

Davide è in cucina a preparare la cena: farfalle panna e salmone. Delle cipolle soffriggono in una padella sul fornello; nel piatto di una bilancia si intravedono circa trecento grammi di farfalle crude.

All'apertura del sipario, Davide sminuzza il salmone con le mani. Pochi istanti dopo, allunga il collo per dare un'occhiata alla padella.

Davide (chiamando, ad alta voce): OP!
OP (entrando): Eccomi.
Davide: P, fammi un piacere, metti l'acqua nella pentola e accendi sotto, che io ho le mani sporche di salmone.
OP: Subito.

OP toglie la padella dal fuoco e la avvicina con fare risoluto al rubinetto.

Davide (a metà fra l'incredulità e il terrore): OP!!!


Infine: scambio di SMS tra me e OP all'indomani del suo ritorno a Napule.

OP: Ué, 'o Mancù, tutto a posto? Sei a lavoro? Io sto per tornarci ora. Mancù, ccà fa nu fetente (la parola originale era un po' più esplicita, NdR) 'e calore!

Davide: Sì, sono a lavoro. Ieri ha fatto 'o patapato 'e ll'acqua (violento acquazzone, NdR) e io ovviamente ero in bicicletta. A presto...

OP: ...e ovviamente stavi senza ombrello? A presto.

Davide: L'ombrello? In bicicletta? Non finirai mai di stupirmi.

Una sola brillante interlocuzione a proposito:

Anonimo ha brillantemente interloquito così:

Ma io non lo conosco questo simpatico soggettone? :)