martedì 24 giugno 2008

Il dinosauro / 2

Come tollerare una tale violenza contro l'armonia del cosmo? Indignato, Bemolle si diresse a grandi falcate verso la rottura spontanea di simmetria, deciso a rimettere in piedi il barile o, quantomeno, a procurarsi un'ernia nel tentativo di riuscirci. Quale non fu il suo sollievo, dunque, quando si accorse che la rottura di simmetria non era stata affatto spontanea! Un dinosauro arancione lo aveva sbadatamente abbattuto con un colpo di coda e ora fissava la gracilità di Bemolle con uno sguardo a metà tra l'incredulo e il perplesso, come se non avesse mai visto un essere simile, o come se tutti gli esseri simili che avesse visto fino a quel momento fossero stati esclusivamente dei gasteropodi.

Bemolle, dal canto suo, era ben grato al voluminoso quadrupede di aver reso superflua ogni ipotesi di rottura spontanea di simmetria per spiegare la natura di un ensemble di barili di colorante e, dunque, dell'universo; tuttavia, la sua riconoscenza, che sarebbe stata normalmente espressa attraverso salti, piroette e gighe, era repressa da un infausto presentimento di guai. Bemolle, gli occhiali volti al suolo, si limitò a biascicare un confuso "mmmmgraz" prendendo distrattamente a calci la polvere. Il dinosauro batté le palpebre.

— Lo sapevo che mi sbagliavo. Per fortuna, eh? Eh, eh. Figuriamoci. Rottura spontanea... eh, eh.

Il dinosauro batté di nuovo le palpebre.

— Ehm. Lei è un tipo silenzioso. Mi piacerebbe restare qui a fare conversazione da solo, ma devo proprio andare a pulirmi le orecchie.

Bemolle fece per andarsene, ma il dinosauro gli tenne dietro.

— Ah, prende anche lei la metropolitana? Mmm. Mi fa piacere. Facciamo un po' di strada insieme.

I due si diressero insieme verso la strada. Bemolle si voltava indietro ogni cinque passi per controllare se la bestia lo continuasse a seguire e le indicava le gru dello scalo merci a destra e a manca nella speranza segreta di distrarla e farle perdere le proprie tracce. Per una attimo sembrò quasi che un container rosso potesse servire allo scopo; ma il nostro anti-Orfeo non si era allontanato neanche di pochi metri che già la sua anti-Euridice aveva ripreso a trottargli accanto briosamente.

Fu in questa configurazione che i due si trovarono a imboccare il budello ctonio che conduceva al binario della metropolitana. Bemolle obliterò ossequioso, passò il tornello e si voltò a guardare il dinosauro con aria di sfida. Il rettile dapprima si guardò intorno incerto; poi acquistò un biglietto al distributore, obliterò e raggiunse il suo compagno senza dare mostra di alcun risentimento. "Outrageous", pensò Bemolle salendo sul treno. Il dinosauro lo seguì, urtò un vecchietto, si scusò e si accucciò. Non soltanto l'omino non sembrò affatto turbato dal fatto che un rettile estinto da sessantacinque milioni di anni si fosse scusato di averlo spintonato, ma il dinosauro si era persino seduto in modo da non intralciare il flusso dei viaggiatori che salivano e scendevano dal treno.

Nella pur breve durata del tragitto ipogeo, l'indignazione di Bemolle ebbe tutto il tempo di montare a livelli di interesse per studi clinici sulla cirrosi epatica. Il dinosauro aiutò una ragazza con una grossa valigia, studiò la mappa della metropolitana con aria di annoiato interesse e, nel complesso, assunse la normalissima aria del pendolare ventennale.

Irritato dalla dimestichezza dell'animale, Bemolle decise di scendere a Porta Pangolo e di aspettare il treno successivo. Il dinosauro si limitò a rivolgergli il secondo sguardo perplesso della giornata e non fece cenno di volerlo seguire. Bemolle, segretamente, esultò. Il treno seguente era più affollato, ma lo scambio sembrò equo al rasserenato Bemolle, che poté di nuovo dedicarsi all'attività che aveva lasciato in sospeso sul treno merci, cioè il conteggio delle biscrome nelle Variazioni Goldberg.

Nessuno si è ancora degnato di interloquire a proposito.