lunedì 9 giugno 2008

Two visions

Ieri sono andato al festival del jazz di Liegi a rifarmi un po' le orecchie dopo quattro anni di esilio musicale in Scandinavia, dove la gente è troppo impegnata ad ascoltare musica sciacquapalle per dedicarsi a Stan Getz. Come biasimarli? Lo so. Come paragonare un quintetto che totalizza circa un secolo di studi musicali a un affascinante vocalist dagli occhi seducenti e dalla pelvi disarticolata?

(Nota personale: smettere di parlare male della Svezia. Ormai ne sono uscito. Vivo. Quasi.)

Un festival di jazz rappresenta inoltre una solida àncora di salvataggio per uno che difficilmente ascolta musica scritta dopo il 1978, anno in cui tutti i più grandi musicisti dei gloriosi anni sessanta e settanta sono stati coercitivamente lobotomizzati in blocco (secondo me i Ramones ne sanno qualcosa) e hanno cominciato a suonare come gli Asia. Persino i Queen, per i quali nutro sempre massimo rispetto, non sono stati più gli stessi dopo il '78.

In realtà poteva andarmi male anche al festival di jazz. Per esempio, a un certo punto siamo andati ad ascoltare Mona Murray. Sarà un pregiudizio mio, ma ho sempre un po' di difficoltà a rapportarmi a una donna che si chiama Mona, specie se va in giro con una scollatura ombelicale. Va be', è ammericana, è una tipa free. Mona (...) entra sul palco e si trova davanti una platea di un centinaio di persone che hanno pagato circa trenta euro pro capite per ascoltare jazz; età media, cinquanta; tutti seduti, tipo teatro. La gente nota il generoso décolleté, si scambia occhiate fugaci e trae conforto dalla perplessità dei vicini ("ah, allora non sono solo io").

Ma Mona (...chiamamola "la tipa") tranquillizza tutti nel suo francese un po' approssimativo.

Tipa: Dans ma musique il y a du jazz, du blues, du country, du rock... tout!
La tipa ammicca al pubblico. Il pubblico si scambia altri sguardi perplessi.
Tipa: Maintenant je vais chanter une chanson... je ne sais pas si vous parlez un peu d'anglais... la chanson s'appelle: "Let me feel your body"! (ammicca maliziosa)
Colpi di tosse in sala.
Tipa: Oui, je crois que c'est compris...!
Comincia a cantare musica sciacquapalle.

Io e Caterina, terza fila, ci guardiamo (perplessi, of course) e a gesti decidiamo di scappare al termine del pezzo.

Ma a questo punto vengo colto da una visione.

Davide e Caterina si alzano e cercano di filarsela.
Tipa: Oh, no! Don't leave!
Davide: Ehm.
Tipa: Why are you leaving so soon? Don't you like my music?
Davide: Er. Yes. Sorry. Thing is... you know... we really gotta go. I've got to...
Lo sguardo vaga disperato alla ricerca di salvezza.
Davide: ...breastfeed my children.

Non racconterò di come mi sono esaltato per il jazz funk dei sei componenti del James Taylor quartet (sic); mi preme molto di più narrare come il gruppo è stato presentato.

Omino col papillon: ...ma prima di far entrare il gruppo vi vorrei chiedere di fare un applauso per ringraziare il nostro sponsor...
Clap clap clap.
Omino col papillon: ...e per ringraziare i nostri tecnici del suo--
Continua a muovere la bocca ma non si sente più nulla.
Omino col papillon: --ll'applauso, per favore!
Clap clap clap.
Omino col papillon: Devo inoltre comunicarvi che il concerto di Abdullah Ibrahim non si terrà alle ventidue e trenta ma alle ventitré. D'accordo? Eh, eh. (Assume un'aria un po' imbarazzata.) Inoltre, vi vorrei avvisare che alle ventitré in punto saremo costretti a chiudere le porte e a non lasciare entrare più nessuno.
Mormorio di stupore.
Omino col papillon: Eh, sì, e non si possono fare foto.
Mormorio di disapprovazione.
Omino col papillon: Questa in realtà è una richiesta dell'Artista [giuro che ho sentito la maiuscola] perché la sua musica è molto intimista, voi capite, e il minimo rumore lo può far deconcentrare. È capace di alzarsi e andarsene!

È qui che vengo colto dalla seconda visione della serata.

Capo: Davide, puoi farmi vedere quei risultati?
Davide: Ah, sì. Eccoli. Ora produciamo più cluster a bassa energia, però abbiamo anche ridotto...
Capo: Ma gli spettri dei protoni come sono?
Davide: Eh, no, mo basta. Sei qui per ascoltare o per fare conversazione?! Io sto creando e tu mi interrompi! E io poi perdo il filo!

Esce dalla stanza sbattendo la porta.

Capo: ...

La porta si riapre.

Davide: ...e niente fotografie!

Nessuno si è ancora degnato di interloquire a proposito.