venerdì 28 dicembre 2007

La resa dei conti

Non ci avrà fatto caso nessuno, ma oggi è 28 dicembre. Non so se rendo l'idea.

...

Non rendo l'idea. Ho capito. Oggi, 28 dicembre 2007, è passato un ano dal 28 dicembre 2006. Per celebrare questo irripetibile evento ho pensato di passare al vaglio i propositi che avevo fatto all'inizio di quest'ano per vedere quanti ne ho mantenuti. Orbene, voyons:

  • cercare di svegliarsi un po' più presto la mattina;

Ehm. Sì. Ci sono riuscito almeno quattro volte.

  • ricominciare a suonare;

Ehm.

  • guardare film di Ingmar Bergman;

Ehm.

  • decidere cosa fare dopo il dottorato;

Ehm. Però qua almeno ci ho provato.

  • dimostrare esistenza e unicità della soluzione delle equazioni di Navier-Stokes.

...

Qui potrei addurre una serie infinita di scuse, come "il fallimento è la strada per il successo", "solo chi prova può riuscire", "solo gli ambiziosi riescono", "ho sonno", eccetera, ma mi limiterò alla preterizione. Piuttosto, ecco i propositi per l'ano nuovo:

  • leggere "L'uomo senza qualità", "L'idiota", "I demoni" e qualche altro polpettoncino analogo;
  • trovarsi un lavoro divertente;
  • imparare a parlottare in ceco;
  • scrivere di più;
  • dimostrare la congettura di Riemann.

Farollo. Giuro che farollo.

mercoledì 19 dicembre 2007

Il passatempo più sano ed economico

Sarà il Natale che si avvicina assieme alla fine dell'anno, saranno la fine del dottorato e la conseguente disoccupazione, sarà il revisionismo storico, sarà che sto leggendo Pirandello e mi tornano in mente gli anni del liceo, sarà la bossa nova che mi tiene compagnia mentre scrivo, sarà che ho trovato un forum dedicato agli indovinelli del tipo "un uomo con un fiasco in mano davanti a un albergo dice «sono rovinato»" o sarà che ho un callo sotto il piede, ma sta di fatto che ultimamente mi sento nostalgico. Ecco perché questa gibella è dedicata a uno degli intrattenimenti preferiti delle mie estati balneari e dei miei agosti pescolani, la pietra angolare del mio lessico odierno, fonte inesauribile di nomi policonsonantici di fiumi ucraini: la rivista nota come

  • La Settimana Enigmatica,
  • La Settimana Animistica,
  • La Settimana Onanistica,
  • La Settimana Mitica,
  • La Settima Asmatica (un capolavoro),

o, più comunemente, come

  • La Settimana Enigmistica,

fondata nel 1932 dal Gr. Uff. Dott. Ing. Gr. Figl. d. Putt. Giorgio Sisini, Conte di Sant'Andrea (quanto ho sognato di poter scrivere questa frase!).

Nel caso aveste dubbi, meglio chiarire subito con chi avete a che fare. Io sono uno di quelli a cui piacciono:

  • i rebus,
  • le crittografie (meglio se mnemoniche),
  • i bisensi,
  • gli indovinelli,
  • gli anagrammi,
  • "Forse non tutti sanno che...",
  • "L'Edipeo in cronaca",
  • il gioco in cui si uniscono i puntini,
  • i cruciverba grandi grandi,
  • le cornici concentriche,
  • il bersaglio, la mia iniziazione all'enigmistica (grazie a mia mamma),
  • gli incroci obbligati,
  • i cruciverba senza schema,
  • le liste di "vero o falso?"
  • e i polizieschi.

Sono anche uno di quelli che odiano

  • i rebus strani come quelli "a cambio",
  • "Aguzzate la vista",
  • i giochi con le xxxxxx e le zzzyyzz,
  • le cerniere,
  • i lucchetti,
  • il gioco con gli spazi da annerire
  • "Se voi foste il giudice",
  • i cruciverba sillabici,
  • quei giochi tutti strani con le caselle che non si capisce mai che devi fare,
  • il quesito con la Susi,
  • quel gioco idiota in cui bisogna cancellare le lettere delle parole elencate da un riquadro incasinatissimo fino a che ne restano sette o otto che lette di seguito finiscono puntualmente per formare "TROOTVA",

ma, soprattutto, ho sempre trovato le "Risate a denti stretti" tanto squallide da essere quasi imbarazzanti. Niente a che vedere con Sergio Paoletti, ma si riconosce la scuola.

(Parentesi. Se vi racconto tutte queste cose, non è solo per dimostrarvi che potrei essere tranquillamente annoverato tra i "solutori più che abili" a cui erano riservati i giochi più cazzimmosi, ma anche perché credo che, in fatto di gusti e di personalità, la Settima Asmatica dica tantissimo. Oh, se solo le agenzie matrimoniali facessero riempire agli iscritti una scheda del genere!)

Poi ci sono le barzellette. Lo so che qui sto entrando in un campo minato, ma per me le barzellette della Settimana Onanistica sono fantastiche, niente a che vedere con quelle tristissime di Domenica Quiz, tutte uguali, con la ragazza tettona in costume o nuda e una battuta mezza sconcia.

Ultimamente però ho cominciato a sospettare che la redazione della Settimana Animistica copi e traduca le barzellette da qualche rivista ammericana. Non ci credete? Considerate le seguenti ragioni:

  1. Ci sono troppe barzellette sul bricolage, sul fai-da-te, sul vecchio West, sui barbecue in giardino, sul football ammericano, sul baseball o sull'hockey;
  2. Le scritte nella vignetta sembrano sempre appiccicate lì in un secondo tempo, quasi a voler coprire quelle preesistenti;
  3. Ci sono certe barzellette che non fanno ridere così come sono, ma che acquistano senso se tradotte in inglese. Per esempio: donna in clinica a letto con un neonato; il papà è in visita insieme agli altri sei bambini. La mamma dice: "Beh, tu puoi chiamarlo col nome che ti pare, io lo chiamo Basta!" (I call it Enough).

E infine ci sono tutti quei giochi che non amo e non odio e che appartengono ad un limbo maggiorato dal Sudoku e minorato dalla frase polidescritta. In questo intervallo si inserisce per esempio l'immortale Corvo Parlante, il quale a dirla tutta mi ha sempre fatto un po' incazzare per vari motivi. Primo, un corvo parla e tutti lo stanno a guardare sorridenti; secondo, perché non si sforza di parlare dritto una volta tanto? Terzo, perché cazzo non lo prende lui l'oggetto indicato visto che sa pure dov'è? E quarto, una spazzata per terra ogni tanto la potrebbero pure fare. Ma tant'è.

lunedì 17 dicembre 2007

Venghino signori, venghino!

Nel caso aveste intenzione di venire in Svezia per la festa di chi sapete voi, sappiate che forse (FORSE (FOR-ZE)) c'è la possibilità di spendere soli cinquanta euri (everi (everest (€))) per il volo di andata; per il ritorno ve la dovete piangere voi (ma qui ci arriva la Ryanair, per esempio). La storia di questo biglietto a prezzo stracciato è un po' lunga, ma c'entrano un rincoglionito (io), due aeroporti e Diego Scilla.

Se vi interessa, fatevi vivi entro e non oltre il 25 dicembre (Natracchio).

domenica 9 dicembre 2007

Esattezza

[M]i sembra che il linguaggio venga sempre usato in modo approssimativo, casuale, sbadato, e ne provo un fastidio intollerabile. Non si creda che questa mia reazione corrisponda a un'intolleranza per il prossimo: il fastidio peggiore lo provo sentendo parlare me stesso. Per questo cerco di parlare il meno possibile, e se preferisco scrivere è perché scrivendo posso correggere ogni frase tante volte quanto è necessario per arrivare non dico a essere soddisfatto delle mie parole, ma almeno a eliminare le ragioni d'insoddisfazione di cui posso rendermi conto. La letteratura — dico la letteratura che risponde a queste esigenze — è la Terra promessa in cui il linguaggio diventa quello che veramente dovrebbe essere.

Italo Calvino
Lezioni americane (1988)

venerdì 30 novembre 2007

Nichelino il Grassobbio

Ceva una Volterra, circa Verduno Bacoli fa, in un Poggiardo Trontano Trontano, un Giovinazzo di nome Nichelino che abitava in un Palazzago Borgiallo e Brosso con le Fenestrelle Crosa, le Balme in Mongardino e la Piscinas sul Vetto; tutto Sommatino, quindi, un Buonabitacolo.

Un Belvì di Zuglio che faceva tanto Calto, Nichelino se ne stava Cocconato sotto un Alberobello con i suoi Librizzi preferiti quando vide Grammichele che Ascea di Casazza. Grammichele era Carassai, ma era anche Bolgare, Malesco e Capalbio; non era un Cimone, in Somma, e Nichelino lo sapeva. Per evitare lo Scontrone con Grammichele, Nichelino Salò sul Tonco e cercò di Saltara sull'Alberobello, ma non era più Agira come un Gatteo (come quand'era Picciano) e mancò la Prezza.

— Per un Pelago... a momenti Cadeo!, fece tra sé e sé Nichelino, con il Cori che faceva Ton-Ton e il Fiano Cortino per la paura.
— Como hai detto, Grassobbio?, si intromise Grammichele.
— Stavo Carenno!
— Tzé... così si Ischia solo di rompersi Lomazzo! Garda me. Il Segrate è nella Corsione della Cavriglia.

E facendo Foggia di Granze Fortezza, il Supersano Grammichele si Isso tra i Cinquefrondi dell'Alberobello.

— Visco? È stato un Giovo! Sono o non sono Travo?, disse Grammichele tutto Fierozzo e Orgosolo.
— Hmpf. Sì. Bra.
— Ne, Bròzolo, andiamo a Pescara al Fiumicino? Magari Piglio un Samone.
— No, Rimasco qui. Tornolo ai miei Librizzi.
— Sei Strambino tu, eh!
— Ma lasciami in Paceco!
— Se non Vietri, ti Cureggio in Vocca.
— Uff. Sei proprio un Buronzo.
— Quindici? I Trepuzzi sono pronti.
­— Eh, Mammola mia! Io ci Andreis pure, però...
— Però?
— A mio Padru non fa Piacenza che vado al Fiumicello più di Quarto Volterra Almese.
— E se tu Baronissi?
— E se lui Cafasse?
— Trepuzzi?
— No, no, dai, mi fa un Pertusio così.
— Questa me Lesegno, Demonte d'un Bròzolo.

E su queste Parolise, Grammichele mollò uno Scoppito a Nichelino e se ne andò al Fiumicino solo Solonghello. Nichelino si Sciolze in lacrime, ma fu cosa di un Attimis. Torno sotto l'Alberobello, si Scorzè di quel Guardabosone di Grammichele e Visso per Semproniano Felino e Contursi.

domenica 25 novembre 2007

Il mondo visto con gli occhi di un ammericano

Nel nostro misero e ristretto essere europei (eredi e portatori di millenni di storia, tradizioni, cultura ecc.) non ci rendiamo conto di quanto diverso il mondo debba apparire agli occhi dell'ammericano medio (Homer Simpson). L'ammericano è padrone del mondo. Se viene in Europa, tutti parlano la sua lingua (o si sforzano di farlo), quindi può ordinare tutti i Big Mac che vuole senza difficoltà. Se vuole andare al cinema a guardare un paio d'ore di esplosioni, di inseguimenti e di donna sexy che arriva vicina tanto così a uccidere il cattivo, ma non ci riesce, viene catturata e alla fine viene salvata dal bisteccone di turno, può farlo senza problemi. Se ha voglia di una ninfetta biondina che canti un po' di sano pop sciacquapalle, c'è. Hip-hop socialmente impegnato cantato da mafiosi multimilionari? Cèlo. Certo, si deve adattare a certi retaggi barbarici della subcultura europea, come la mancanza di aria condizionata, ma in fondo l'ammericano è un tipo elastico e tollerante. C'è posto per tutti in Ammerica.

Per fortuna, anche noi ci stiamo ammericanizzando. Era ora. I giornali hanno finalmente cominciato a concentrarsi su notizie veramente importanti, come il pallone. Be', esagero. Non succede sempre così. Se muore un militare italiano in Afghanistan, se ne parla tanto. Ed è giusto. Ampio spazio all'eroismo dei nostri figli che si immolano per la patria sull'altare del... del... cos'era? Cos'è che c'era in Afghanistan? Non mi ricordo più. Ma mi pare che ora è in Iraq.

Almeno abbiamo il privilegio di diventare un po' più ammericani nella nostra quotidianità. Io la mattina esco di casa, metto in moto il mio vagone da stazione e vado a lavorare. Arrivato in ufficio, mi siedo davanti al calcolatore personale, avvio Finestre XP e apro Tuonuccello (molto più potente di Fuoriguarda) per controllare su Postacalda se qualche amico mi ha segnalato un nuovo video divertente su Tutubo. Fatto ciò, uso il topo per aprire Fuocovolpe, il mio curiosatore preferito (non amo l'Esploratore dell'Interrete... troppi insetti) e mi dedico all'aggiornamento del mio profilo su Faccialibro; apro eMulo per scaricare un po' di musica roccia (eh, sì... adoro la roccia, la roccia dura e il metallo pesante), apro il mio programma di chiacchiera preferito e dopo un'altra mezz'ora finalmente mi rendo conto che sarebbe ora di mettersi a lavorare.

Ecco allora che apro Acrobata per leggere il PDF con le istruzioni per installare l'autista del nuovo disco duro; poi scribacchio un po' con Parola, creo una presentazione con Potenzapunto e lavoricchio con Fotonegozio fino a che non si fa ora di andare via. La sera, per rilassarmi, prendo appuntamento con un amico gaio per andare a prendere un gallocoda, mangiare un amburghese e magari andare a guardare una pellicola. Cosa potrei chiedere di più?

mercoledì 21 novembre 2007

R.S.V.P.

L'ho già annunciato, ma adesso è definitivo:

venerdì 22 febbraio 2008, alle ore 10:00

mi addottoro. Anzi, mi addoctoro, visto che dottore lo sono già, ma doctor no.

FAQ

D: La fai la festa?
R: Sì. Così hanno deciso.

D: Sarà una festa alla maniera svedese?
R: Neanche per idea.

D: Posso venire?
R: Sì.

D: Posso portare il mio bassotto?
R: No.

D: E dai!
R: No.

D: Ti giuro che non sporca!
R: Hmmm. Fammici pensare. No.

D: Che tempo fa a febbraio a Göteborg?
R: Freschetto.

D: Posso portare la mia ragazza/il mio ragazzo/mia moglie/mio marito/mio figlio/mio nonno/il mio vicino/il mio bassotto?
R: Sì/Sì/Sì/Sì/Sì/Sì/Sì/No.

D: Come arrivo a Göteborg?
R: Dipende da dove parti.

D: Qual è un prezzo giusto per un biglietto aereo?
R: Non sono Iva Zanicchi. E comunque dipende da dove parti e da quando prenoti. Corre voce che sia più economico partire da Roma che da Napoli (intorno ai 150 € A/R).

D: Che ore sono?
R: Le otto e un quarto.

D: Hai fame?
R: Sì, un po'.

D: Scusi, per via Sardegna?
R: Al secondo semaforo, a sinistra.

D: Ci sono le ruspe in Svezia?
R: Sì.

D: ...bassotto?
R: No.

Satisfaction (ta ta — ta ta ta)

Ce l'ho fatta! Ho finito "Guerra e pace"! Ci avrò anche messo mesi e mesi, ma è veramente grandioso...

E poi so' soddisfazioni!

giovedì 15 novembre 2007

Ciuccio e presuntuoso

Ce l'ho avuto sotto il naso per quattro anni, e non l'ho visto. Ho avuto bisogno che mi toccasse da vicino per accorgermene. Che rabbia. E io che credevo che noi fossimo diversi: più artistici, più creativi, più politicizzati, spiriti più elevati... invece eravamo solo più indietro, attaccati a una generazione che non era la nostra e che già perdeva di significato al di fuori di quelle quattro mura, figliocci di un tempo che non esisteva più, avanguardia (o retroguardia?) sinistroide ferita senz'altra forza che quella di leccarsi le ferite. L'orda calava e noi ci stringevamo l'uno contro l'altro per resistere. Lo dovevo capire prima! Non è vero che stavo scivolando via anch'io, e che sono entrato tra quelle mura tardi e di corsa?

Poi, uno a uno ce ne siamo andati, e finalmente è successo. I barbari sono arrivati. Qua al Nord sono già passati da tempo (figuriamoci... li hanno inventati loro), ma a casa mia ci sono arrivati solo ora. Com'è quella frase, Baricco?

Il timore di essere sopraffatti e distrutti da orde barbariche è vecchio come la storia della civiltà. Immagini di desertificazione, di giardini saccheggiati da nomadi e di palazzi in sfacelo nei quali pascolano le greggi sono ricorrenti nella letteratura della decadenza dall'antichità fino ai giorni nostri. —Wolfgang Schivelbush

Eccole, le greggi che pascolano nel palazzo. Ora le vedo.

E infine, devo chiedere scusa per la mia boria, perché questa, in fondo, è per me prima di tutto una lezione di umiltà. Ingegneri, scusatemi. Nun simmo meglio 'e vuje. Siamo capre, tutti.

mercoledì 14 novembre 2007

Great expectations

Su gentile richiesta e concessione di Diego Scilla.


Venerdì mattina, ore 7:00. Diego e Vedrana vivono pigramente la transizione dal sonno alla veglia, conversando distrattamente.

D (excited): Know what? I'm really happy that you're going to meet Davide.
V (a little less excited): Ahha.
D: I'm sure you'll like him. He's smart. And he will most definitely like you. I mean, you're smart as well.
V: Ahha.
D: I honestly think that we will have fun. We will go out, you know, visit some places, stuff.
V: Mmm.
D: Did you know? He will bring the Playstation. So we will play that football game, remember?
V: Ahha.
D: Great...
V: ...

D sospira.

V: Well... how do I exactly fit in this plan?
D: ...
V: Oh bože! I DON'T!!!

martedì 13 novembre 2007

L'ora di ginnastica

— Guagliù, cca sta 'o pallone. M'arraccumanno, nun ve facite male.
— No, no, psso', non vi preoccupate.
— Oh, passa, ja'.
— Eh, Ciro, stai calmo. Ja', guagliù, chi gioca?
— Facciamo le squadre.
— Capitani?
— Io e Peppeniello. P'a me, p'a me, p'a me, uno, doje e tre!
— Mmmm, io mi piglio a Ciro.
— Io voglio a Lello.
— Papele.
— Rafiluccio.
— 'O chiattone.
— Enzo.
— Scognamiglio.
— Fella 'e Pastiera.
— Scauzachiuovi.
— ...e Biagio...
— Va bbuo'.
— Biagio, però tu vai a porta.
— Ma perché?
— Pecché nun sî bbuono.
— Uff.
— Oh, mietti mmiezo, ja'. (stump stump)
— Oh, e passa, ja'. (stump)
— Eh, Ciro t'hê 'a calmà. (stump)
— Votta mmiezo! (stump)
— Mannaccia sant'Anna...
— Curri, ja', muoviti! (stump swisssh)
— Uà, t'aggio rimmasto nterra cu 'sta finta! (stump)
— Purtie', cu 'e mmani! (stuswish)
— Saliamooo! (bum)
— Cazz... (stump stump stump)
— Biagio, jesci!
— Eccomi...
— PARA, PURTIEEEEE'!!! (BOOOOOOOOOOOOOOOOM)
— ...
— Uà, purtie', cu 'sta cagliosa t'aggio fatto nu buco mpietto ca pari na lavatrice!
— Raffaele?
— Che è, Bia'?
— Ma perché tutti mi chiamano "purtie'"?
— Perché stai a porta.
— Ah.
— ...
— Ma... e i difensori?
— Vai a pigliare il pallone.
— Sì. (stump)
— Oh, chiatto', è palla nostra. (stump stump)
— GUARDAMIII! (stump) Prima, prima...!
— Oh, oh, oh, piglia a chillo! (sdunf)
— Cross... (stump)
— Bravo, purtie'.
— Uà, Enzo, nun signi manco si ti sparano mmocca! (stump stump stump)
— Oh, ma Fella 'e Pastiera?
— Se n'è andato. (stump stump)
— Oh, e nun vuttà, però. (swish)
— Oh, abbitro!
— Oh, nun chiagnere!
— Oh, è punizione.
— E pigliati la punizione!
— ...
— Barriera!
— ...
— ...
— Oh, Biagio!
— Eh?
— Biagio!
— Eh!
— Sî ppronto?
— Sì.
— E AMMOCCATI 'STA CRESOMMELA!!! (BOOOOOOOOOOOOOOOOM)
— ...
— ...
— Biagio, però eccheccazzo.
— ...
— Vai a pigliare il pallone.
— Sì. (stump)
— Forza, chiatto'. (stump stump)
— Cambiaaa! (stump)
— Oh, ncoppa â fascia... (stump)
— Vai, vai, vai! (stump swish stump)
— Scauzachiuo', ma che sî, nu birillo? (swish swish)
— Caucéalo! (stump)
— Biagio esciii!!!
— ...
— BIAGIOOO!!!
— PURTIE'!
— ...
!!!
— Eh?!
!!!
— ...
— ... (BOOOOOOOOOOOOOOOOM)

mercoledì 7 novembre 2007

L'ora di fisica

— Allora, chi viene oggi?
— Pssure', io mi vorrei giustificare.
— E no, Nardacchione, te lo dovevi fare uscire prima. Hai aspettato di vedere se interrogavo?
— No, pssure', mi ero scordato.
— Perché ti vuoi giustificare?
— Eh, ieri sono sceso a comprare le scarpe con mio cuggino.
— Embè, e c'hai messo tutta la giornata?
— Eh ma poi quello mio cuggino...
— Vabbuo', venga Lo Turco.
— No, pssure'...
— Come, "no, pssure'"?
— ...
— Lo Turco, due?
— ...
— Due. Scannapiecoro, vuoi venire tu?
— ...
— Due. Scognamiglio, metto due pure a te?
— No, no, pssure', sto venendo!
— Bravo. E anche Posalaquaglia, su.
— ...
— Allora, Posalaquaglia, parlami un poco della leggi della dinamica niutoniana.
— Eeeeh, sì. Allora. Cioè, Niuton si ispirò a Galileo per fare, voglio dire, le leggi di Niuton.
— ...
— La prima legge parla dell'inezia.
— SCHIATTARELLA! SILENZIO!
— Pssure', io non ho detto niente!
— Inerzia, Posalaquaglia, non inezia.
— Eh, e io che ho detto.
— Vai avanti.
— Cioè, come dire, l'inezia sarebbe quando il pattinatore scivola sul ghiaccio. Se non ci sarebbe inezia, quello non scivolerebbe.
— Scognamiglio, posa il libro.
— ...
— Sei d'accordo con Posalaquaglia?
— Sì sì, pssure'.
— E sei fesso. Posalaquaglia, che dice questa prima legge, insomma?
— Quello che ho detto, pssure'.
— Scognamiglio.
— Ditemi tutto, pssure'.
— Scognami', non fare lo spiritoso. Lo sai tu cosa dice la prima legge?
— La prima legge di cosa, pssure'?
— Scognamiglio, vuoi andare a posto?
— Pssure', mi sono ricordato che dice la prima legge!
— E sentiamo, Posalaqua'.
— Un corpo si muove di moto rettilineo uniforme.
— ...
— ...
— Questo è tutto?
— Ehhh... sì.
— Posalaquaglia, ma secondo te Niuton era pazzo?
— Un corpo immerso in un liquido si muove di moto rettilineo uniforme.
— ...
— ...
— Scognamiglio, allora?
— È a pianta centrale, pssure'.
— Ma cosa?
— Il mausoleo di Galla Placidia.
— E che c'azzecca?
— Pssure', posso andare in bagno?
— No Scamardella, cioncati!
— Un corpo immerso in un liquido allo zero assoluto si muove di moto rettilineo uniforme.
— Posalaquaglia! Basta!
— Pssure'...
— Eh pure io pssure'...
— Pure io.
— Pure io.
— SILENZIO! (bam bam bam)
— Pssure', la posso dire io la prima legge della dinamica?
— E dici, Biagio, dici.
.
— Cosa?
.

sabato 20 ottobre 2007

Chiare, fresche e dolci acque

Pare na strunzata, ma se ci pensate un attimo vi accorgerete che il funzionamento dello sciacquone si ammanta di un je-ne-sais-quoi di sorprendente e misterioso (come sempre, quando c'entrano i liquidi); ad esempio, non importa uno quanta acqua versa nel gabinetto, questo non si riempie (quasi) mai. Anzi, se l'acqua viene gettata con impeto sufficiente, il livello si abbassa! E poi: coma fa lo sciacquone a sapere quando si è svuotato completamente, in maniera da chiudere la valvola di scarico?

Voi ridete, ma ridereste meno se vi rendeste conto che c'è gente che su queste cose ha scritto dei libri. Non ci credete? Deve essere così: poiché ogni forma di conoscenza si tramanda per iscritto (nella nostra società), ci saranno anche dei libri che descrivono come funziona uno sciacquone. E prima che me lo chiediate, no, non ce li ho (purtroppo). Ma li desidero ardentemente.

In compenso, l'ubiqua Wikipedia ci offre un decente surrogato di conoscenza, evidentemente opera di un amatore appassionato (come biasimarlo?). Permettetemi di citare questo passaggio:

Esistono oggi numerose versioni di tale dispositivo, ma qui ci limitiamo a descrivere il tipo primordiale a catenella, per la sua semplice ingegnosità.

Io, in questa frase, leggo tutto l'amore di quest'uomo per il suo sciacquone. Ed ha ragione. È ingegnoso, ma è anche semplice.

Vi risparmio la parte tecnica (però andatevela a leggere) per dedicarmi invece a quella che è la mia esperienza personale con sciacquoni, catenelle, tazze del cesso et similia. Nel corso del mio peregrinare ho esplorato molte stanze da bagno, e più volte mi sono imbattuto in installazioni discutibili come queste due:

StoccolmaNew York
Un citofono? In bagno? E perché dovrei voler chiamare la reception mentre sono in bagno?

Ci sono tante ragioni per volerlo fare.


Reception: Reception.
Io: Buongiorno, chiamo dalla stanza seicentotré.
Reception: Mi dica, signore.
Io: Sto facendo cacca.
Reception: ...
Io: ...
Reception: ...
Io: Gnnnnn.

Reception: Reception.
Io: Buongiorno, chiamo dalla stanza seicentotré.
Reception: Mi dica.
Io: Non riesco a fare cacca.
Reception: Vuole che salga qualcuno a farle un clistere?
Io: Eh, magari.
Reception: Le mando subito l'infermiera.

Reception: Reception.
Io: Plof.

Io: Pronto?
Reception: Qui è la reception.
Io: Mi dica.
Reception: Può alzare il tarallo quando fa pipì?
Io (colto in fallo): Ah, sì, mi scusi.
Reception: Anzi, guardi, faccia così, la faccia da seduto.
Io: Sì, sì, va bene.
Reception: Scusi, eh.
Io (mortificato): No, scusi lei.

Reception: Reception.
Io: Credo che ci sia accumulo di detriti nel gomito G1.
Reception: Come?
Io: L'acqua ha superato il dislivello ΔL.
Reception: Il dislicosa?
Io: Si è allagato il bagno.

Reception: Reception.
Io: Qui è la stanza seicentotré.
Reception: Dica.
Io: Vorrei ordinare una colazione in camera.
Reception: Ma certo. Cosa desidera?
Io: Dunque, caffè, cornetto...
Reception: ...sì...
Io: ...succo d'arancia... toast, burro, marmellata...
Reception: ...sì...
Io: ...prosciutto, formaggio...
Reception: ...sì...
Io: e anche un po' di pane.
Reception: Va bene.
Io: Ah, e un'ultima cosa.
Reception: Dica.
Io: Sto facendo cacca.
Reception: ...
Io: ...
Reception: ...
Io: Gnnnnn.

venerdì 19 ottobre 2007

Della Natura e delle sue meraviglie

Lo scienziato: chi è costui? (Ma soprattutto, come si pronuncia "scienziato"? Non temete, mi sto documentando e un giorno di questi vi illumino). Non esiste una definizione sulla quale ci sia accordo unanime; come dicono a Casavatore: quot capita, tot sententiae. Alla domanda "cos'è uno scienziato?", gli esperti rispondono così:

  1. Studioso che si dedica alla ricerca scientifica, allo studio di una o più scienze naturali, fisiche o matematiche (secondo il vocabolario);
  2. Personaggino destinato dal positivismo delle masse alle seguenti invenzioni:
    • l'automobile che non inquina;
    • la fonte di energia pulita e illimitata;
    • il teletrasporto;
    • la macchina del tempo;
    • la pistola laser;
    • la pasta che non scuoce;
  3. Individuo spettinato che indossa occhiali da vista e un camice bianco, armeggia con provette e matracci, pronuncia la parola "reazione" numerose volte al giorno e ha una vita sessuale limitata e insoddisfacente;
  4. Parassita sociale che sfrutta ignobilmente i soldi dei contribuenti per dedicarsi con totale sfacciataggine ai suoi giocattoli, girare il mondo zompettando di conferenza in conferenza, impollinare compiacenti colleghe/i (già che si trova) e convincere i contribuenti stessi che in realtà adesso sì è vero la ricerca costa ma è indispensabile perché se no tra trent'anni poi vi faccio vedere senza ricerca di base la tecnologia col cazzo quindi posate i soldi kthxbye;
  5. Non ti sento, ho il rubinetto aperto;
  6. Gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia gialleggia;
  7. Globz.
In realtà, la risposta esatta è l'ottava (e non mi dilungherò qui sugli innumerevoli significati cabalistici del numero otto):
  1. Un curiosone.

Lo scienziato, ordunque, quest'oggetto misterioso che tanto timore incute al comune mortale (leggi: non fa acchiappanza), non è altro che un bambinone che non ha perso la capacità di stupirsi di fronte alle meraviglie della Natura (leggi: un demente). Se questa descrizione vi ricorda qualcuno, probabilmente si tratta del vostro dottorando da asporto preferito (io). Costui, infatti, pur essendo ben lungi dall'essere considerabile uno scienziato, tuttavia si atteggia a tale comportandosi in maniera tipicamente scienziatizia.

In pratica, tutto il papiello che ho scritto fin qui è solo un'introduzione; ciò che mi premeva era arrivare a questa domanda: come funziona uno sciacquone?

La risposta nella prossima gibella.

mercoledì 17 ottobre 2007

Lyset är tänt och råttorna dansar på bordet

Se il gatto non c'è, i topi ballano (sul tavolo, ci dicono gli amici vichinghi). D'altra parte, la luce è accesa ma non c'è nessuno in casa; ergo, la luce è accesa e i topi ballano sul tavolo.

Non fa una grinza.

domenica 7 ottobre 2007

L'annosa questione dell'uovo e della gallina

No, sentite. Lo so che non ve ne frega un tubo dell'etimologia, ma questa è troppo bella.

A questo indirizzo trovate l'etimo di una parola tanto comune da rendere quasi offensivo il parlarne: "uovo". Dalla pagina in questione ho scoperto le seguenti tre cose.

  1. La parola "uovo" è imparentata con la parola inglese "egg". Già questo mi sembra notevole;

  2. Da dove viene "uovo"? Bravi, dal latino "ovum". E la parola latina da dove viene? Qui vi volevo. Permettetemi allora di citare il Pianigiani:
    [..."ovum"], che gli etimologi suppongono rappresentare una forma ÂVJAM, che sarebbe in sanscrito un aggettivo proveniente da AVIS uccello [...] sicché a lettera significherebbe: ciò che proviene dall'uccello.
    Questo mi sembra ancora più notevole.

  3. Ma soprattutto, dal punto 2. si deduce finalmente che è nata prima la gallina e poi l'uovo.

sabato 6 ottobre 2007

La venuta del Maestro

La settimana scorsa mi è venuto a trovare uno dei miei amici più cari e più vecchi, un amico d'infanzia. Non ne farò il nome per due motivi: uno, perché non approverebbe che lo si nomini invano, e due, perché non gli piacerebbe se sapesse (se saprebbesse...) che il suo nome compare su Internet, per di più in un pluzio. Mi limiterò pertanto a riferirmi a lui con le sue iniziali OP; a chi lo conosce dovrebbe bastare senz'altro.

Dovete sapere che OP è un tipo un po' distratto e che questo dà spesso luogo al verificarsi di numerose gag. Se lo conoscete, sapete benissimo che ciò che ho appena scritto in realtà non è altro che un delicato eufemismo per descrivere la sua completa mancanza di concentrazione. È venuto qui per cinque giorni e si è portato due borsoni, uno grande e uno medio, più un borsello da passeggio che pesa circa tre chili e una borsetta rosa shocking — che però gli aveva dato mia mamma — ricolma di vettovaglie e regalini; e non ridete. Vabbè, molte donne qua non avranno neanche capito cosa ci sarebbe da ridere (battuta facile, perdonatemela).

In verità non ho capito cosa c'era in quelle borse, a parte uno-due paia di pantaloni, un maglione e l'accappatoio (...). Paia di scarpe non ce n'erano. Cappotti non ce n'erano. Sci non ce n'erano (credo). In compenso, OP si è portato un ombrello. "Bravo", direte voi. Già. Bravo. È vero che qui non è sempre utilissimo (io non lo uso mai) perché spesso tira vento forte, ma è senza dubbio ammirevole che lui ci abbia pensato, no? Ecco.

L'ombrello era rotto.

La fortuna, però, lo ha premiato con un magnifico ombrello seminuovo rosso e verde formato famiglia, evidentemente abbandonato in balia degli elementi in centro città da un cittadino distratto.

Come dicono gli inglesi, però, what goes around comes around. Nei cinque giorni trascorsi da OP a Göteborg, l'ombrellone rosso e verde è stato dimenticato tre volte: la prima volta a casa; la seconda in un bar; la terza, chissà.


Scena

Davide è in cucina a preparare la cena: farfalle panna e salmone. Delle cipolle soffriggono in una padella sul fornello; nel piatto di una bilancia si intravedono circa trecento grammi di farfalle crude.

All'apertura del sipario, Davide sminuzza il salmone con le mani. Pochi istanti dopo, allunga il collo per dare un'occhiata alla padella.

Davide (chiamando, ad alta voce): OP!
OP (entrando): Eccomi.
Davide: P, fammi un piacere, metti l'acqua nella pentola e accendi sotto, che io ho le mani sporche di salmone.
OP: Subito.

OP toglie la padella dal fuoco e la avvicina con fare risoluto al rubinetto.

Davide (a metà fra l'incredulità e il terrore): OP!!!


Infine: scambio di SMS tra me e OP all'indomani del suo ritorno a Napule.

OP: Ué, 'o Mancù, tutto a posto? Sei a lavoro? Io sto per tornarci ora. Mancù, ccà fa nu fetente (la parola originale era un po' più esplicita, NdR) 'e calore!

Davide: Sì, sono a lavoro. Ieri ha fatto 'o patapato 'e ll'acqua (violento acquazzone, NdR) e io ovviamente ero in bicicletta. A presto...

OP: ...e ovviamente stavi senza ombrello? A presto.

Davide: L'ombrello? In bicicletta? Non finirai mai di stupirmi.

sabato 29 settembre 2007

La solita bolpa

Benché le folle e i media si scalmanino ad incensare lo stato di avanzamento delle democrazie occidentali e si industrino per propagandare la compiutezza e la perfezione della messa in essere dei diritti fondamentali dell'uomo, alcune menti elette non si lasciano abbindolare da frottole siffatte. Consideriamo, ad esempio, l'alfabetizzazione di massa: anche se all'occhio distratto dell'uomo della strada essa appare probabilmente come un passo irrinunciabile verso la creazione di una vera democrazia rappresentativa, essa ha in realtà spalancato le porte all'inquinamento irrimediabile della lingua e alla delirante proliferazione dei vari "stò", "fù", "fà", "quì", "sù" et similia; e non parlerò qui della nefasta copula con le moderne tecnologie delle telecomunicazioni, responsabile della nascita di "cmq", "xké", "nn", "ank", "belliximo" ecc.

Una lancia va tuttavia spezzata in favore di quegli esecrabili che fanno uso quotidiano di monosillabi scelleratamente accentati; non esiste un criterio logico per decidere dove porre l'accento. Pensate, ad esempio, al verbo "dare": perché si scrive "egli dà"? Ovviamente, per non confondere la voce verbale con la preposizione semplice "da". Ma perché dunque non si scrive anche "io dò", per evitare di confondersi con la nota musicale? Ho tanto la sensazione che le note musicali siano crudelmente bistrattate, in palese contraddizione con i principi di uguaglianza e tolleranza che ispirano la stessa alfabetizzazione di massa da cui abbiamo preso le mosse. Perché è sbagliato scrivere "il ré mì fà un regalo"?

Ecco allora che il vostro grammatico costruttivo preferito interviene a combattere le ingiustizie e ad appianare le disparità della lingua italiana. Il problema, se ci pensate un attimo, non è banale come sembra. Avrei potuto proporre una nuova regola: "la nota si scrive senza accento, ogni eventuale omografo si scrive con l'accento". Non l'ho fatto perché, per alcune note (la e si), sia la forma accentata che quella non accentata sono già impegnate: "la" (articolo) e "là" (avverbio); "si" (pronome) e "sì" (avverbio). Come uscire da questa impasse?

C'è probabilmente solo un modo per essere al sicuro: bisogna cambiare i nomi alle note. Che facciamo, dunque, adottiamo i nomi anglosassoni? Naaa. Molto meglio inventarsene di nuovi. Io propongo dunque la seguente nuova nomenclatura per le note musicali:


doremifasollasi
flozegnipabolradri

Provate a solfeggiare, adesso; anzi, provate a bolpeggiare. Riascoltate il famoso flo di petto di Pavarotti. È tutta un'altra musica.

martedì 18 settembre 2007

Vorrei scrivere "verba volant, scripta manent" in greco, ma non so come si dice

Non ho saputo resistere. Eccomi di nuovo a gibellare sui cartelli. Questa volta tocca a quelli ellenici, cosa che potrà sorprendere alcuni visto il mio fresco ritorno dalla Gallia. Ma tant'è.

Introduzione: chi è stato in Grecia (oppure, se è per questo, in qualunque paese dove si parli un idioma semi-incomprensibile) sa benissimo quanto è facile inzamarsi con i toponimi. Mi spiego: lo scopo del gioco è evitare imbarazzanti e fin troppo note scenette sullo stile noio vulevon savuar (che ve lo dico a fare) e, allo stesso tempo, riuscire a trasportare la propria gentile persona nel luogo designato; tuttavia, per pronunciare il nome dell'anus mundi di turno è tipicamente necessario slogarsi lingua e mandibola in un insensato contorto cancan di consonanti cacuminali la cui osticità ben eccede le capacità medie dell'uomo della strada. Quest'ultimo ricorre pertanto ad alcuni ingegnosi stratagemmi ("ingegnoso stratagemma" è un luogo comune dei più beceri e il suo utilizzo guasta la qualità della mia prosa; ciò mi addolora) per mandare a mente il toponimo, il più comune dei quali è il pezzotto linguistico. Ed ecco, allora, che Falàssarna (Φαλάσαρνα) diventa Falassàrna, Elafonìssi (Ελαφονήσι) diventa Efalonìssi, Kàmpos (Κάμπος) diventa Kòmbos.

Ma soprattutto, Sfinàri (Σφινάρι) diventa Sfintere. Potete dunque immaginare la mia gioia quando numerose curve ci hanno finalmente condotti a

Vediamo ora come il popolo greco si industri per attirare l'ignaro turista (ahimè, altro luogo comune).

  • Garantendo alloggi di qualità (Rooms Marò):
  • Promettendo facili coiti:
  • Preparando pietanze succulente:
  • Non badando a spese:
    ...il tutto sempre e comunque σιγά σιγά,
    come ci illustra gentilmente la nostra modella:
    Ehm. Lo so, questa foto è il cesso. Però vi assicuro che normalmente è molto più bella:
    (lei è quella a destra).
Vi è piaciuta questa carrellata? Spero proprio di sì. E ora, rullo di trombe e squillo di tamburi... arriva la ciliegina sulla torta (agh... luoghi comuni!)! Vi ricordate le foto dell'Ammerica? Vi ricordate del pezzo forte del mio reportage? Beh, tranquillizzatevi: non l'hanno inventata gli ammericani. Al massimo l'hanno inventata i greci (e quando mai no!). Di cosa parlo? Why, della minetta, of course.

lunedì 3 settembre 2007

-172

Annunciazzió, annunciazzió: la data (preliminare) per la mia dissertazione di dottorato è

venerdì 22 febbraio 2008.

Se volete venire in Svezia a (quasi) gratis, avete sei mesi di tempo. Se volete venire a fare un poco di ammuina, 22 febbraio. Accorrete numerosi.

domenica 2 settembre 2007

La terra dei minolli

Eccolo. Come, "chi"? Io. Eccolo. Quando dico "eccolo", intendo me. Sono di nuovo qui. Dimenticate i vostri sonni tranquilli... sono il sassolino nel sandalo, la zanzara notturna, la carta igienica a un velo, la pasta scotta, la macchinetta del caffè con la guarnizione nuova. Sono tornato.

E da dove sono tornato? Ma naturalmente, dalla terra dei minolli.

I minolli sono una gaia popolazione insediatasi una vita fa sull'isola di Creta, nel cuore del Mare Nostrum. La civiltà minollica acquistò presto una posizione economica egemone nel bacino del Mediterraneo grazie soprattutto all'invenzione dell'aliscafo, la quale permise a milioni di minolli di andare a fare la tanto agognata villeggiatura estiva a Cipro e di scaricare lo stress di anni e anni di ferie non godute. L'effetto sulla produttività dei mercanti minollici fu spaventoso, e nel giro di poche villeggiature Cnosso era diventata la capitale del mondo, ma che dico "del mondo", la capitale d'Europa, ma che dico "d'Europa", la capitale "del Mediterraneo", ma che dico "del Mediterraneo", la capitale di Creta, ecco, sì, la capitale di Creta.

Benché la supremazia di Creta fosse dunque soprattutto di carattere economico, non bisogna dimenticare che i minollici erano anche prodi e valorosi guerrieri, come testimoniano i numerosi affreschi ritrovati.L'importanza dell'arte bellica presso le popolazioni proto-minolliche è altresì testimoniata dai ritrovamenti di numerose macchine da guerra, adibite al trasporto di uno o più minolli,le quali erano spesso ornate da misteriose scritte in Lineare C, non ancora decifrate completamente. Gli studiosi sono divisi sulla loro funzione: secondo alcuni, si tratterebbe di invocazioni agli dei affinché proteggessero i delicati meccanismi delle futuristiche macchine minolliche, dato che iscrizioni simili sono state rinvenute sui resti degli aliscafi; secondo altri, invece, si tratterebbe di rebus, ipotesi supportata dalla decifrazione dell'iscrizione ritrovata sul famoso "Bolide della Canea",la quale recita:

Al bar OS è: aspetta colà RE = Alba rosea spettacolare.

Per chi non si ricorda cos'è il minollo, rinfrescatevi la memoria.

giovedì 2 agosto 2007

Luoghi comuni?

Ultima gibella prima delle (im)meritate vacanze estive, visto che tra un paio di giorni vado a Creta a mettere le pacche nell'acqua, come si dice in svedese, e a farmi una panza di γιαούρτι με μέλι, γεμιστά, σαγανάκι, τυρόπιτα, σπανακόπιτα, αππαρόπιτα, γαλακτομπούρεκο, ευχαριστώ e παρακαλώ nonché a visitare numerose ζαχαροπλαστεία e via dicendo.

Fino ad allora, tuttavia, vi dovete accontentare dei rimasugli della gitarella oltreoceano di cui abbondantemente sopra (o sotto). Ecco pertanto una breve lista non esaustiva di tutte le cose che in Ammerica sono più grandi che da noi:

  • palazzi;
  • porzioni di cibo;
  • panze della gente;
  • tette dei manichini;
  • macchine (se non hai il SUV sei un cazzone);
  • lattine e bottiglie (lattina di Coca-Cola da circa 350 ml, la bottiglia non ricordo);
  • libri (pocket formato Panorama);
  • ombrelli (modello spiaggia);
  • fragole biologiche (delle dimensioni di una prugna — posso solo immaginare quelle pompate);
  • temperature (c'erano tipo 80–90 gradi! però si stava bene).

domenica 29 luglio 2007

Cristo scienziato!

Tranquilli. Anche se sembra, non è una bestemmia, anzi. Voi che credete che sia impossibile conciliare scienza e fede, voi che vi sentite nuovi Giordano Bruno, voi che vi indignate per il processo a Galilei... ricredetevi. Siete ancora in tempo. Scienza e religione POSSONO andare d'accordo, come ci dimostra...

...LA CHIESA DI CRISTO SCIENZIATO!

Ebbene sì, un'altra delle mie scoperte ammericane. Solo le menti più eccelse nella storia dell'umanità sono riuscite a operare una sintesi talmente perfetta di scienza e fede, ragione e sentimento, cuore e cervello, Yin e Yang, orgoglio e pregiudizio, mazza e panelle, Cip e Ciop, pizza e birra, nonché Liberté, Egalité e Fraternité. Albert Einstein una volta disse: "Dio non gioca a dadi con l'Universo"; in realtà lo disse due volte, ma la prima volta non lo aveva sentito nessuno.

A. Einstein: Dio non gioca a dadi con l'Universo.
N. Bohr: Come?
A. Einstein: Dio non gioca a dadi con l'Universo.
N. Bohr: Ah.

Sono perfettamente consapevole che tutto ciò non c'entra granché col discorso di prima ma mi pareva giusto approfittare di un parere autorevole.

Ma cerchiamo di analizzare un po' più da vicino gli illuminati insegnamenti della Chiesa di Cristo Scienziato. Cito:

Christian Science, as discovered by Mary Baker Eddy, refers to the universal, practical system of spiritual, prayer-based healing, available and accessible to everyone.

È chiaro, no? Prayer-based healing. Significa che se ti rompi le corna ma preghi con sufficiente ardore, il Padreterno te le aggiusta. Non solo: se a rompermi le corna sono io, ma a pregare sei tu, funziona lo stesso. È strabiliante.

Già mi sembra di sentire le voci dei soliti scettici senzadio che si levano contro le frontiere più avanzate della conoscenza umana. Rasserenatevi, o infedeli: è tutto verificato. Cito:

A reliable, widely practiced system of prayer-based healing.

RELIABLE. Chiaro? Nel caso foste ancora in dubbio, sappiate che tutti i gloriosi risultati della Scienza Cristiana sono raccolti sul rinomato Christian Science Journal, una rivista sulla quale, vi confesso, aspiro tanto a pubblicare anche io. Ecco a voi una selezione di articoli notevoli:
  • Vera sicurezza: la vera sicurezza non è negli allarmi, nei cancelli e nei sistemi di sicurezza, ma nella prospettiva spirituale che abbraccia tutti gli esseri umani come figli dello stesso Padre, Dio.
  • Sono i "germi" che ci fanno stare male?: era quel periodo dell'anno in cui la gente si aspetta di prendere il raffreddore. E quando ho cominciato a starnutire, ho capito che dovevo passare oltre l'accettazione di questa credenza per trovare la salute.
Ma soprattutto:
  • Preghiera — e l'abbronzatura perfetta: segni di un possibile cancro alla pelle, risultato di un'eccessiva esposizione al sole, hanno condotto quest'uomo a chiedersi cosa adorasse davvero: Dio o il Sole? Il rinnovamento della sua relazione con Dio lo ha guarito.
Soddisfatti? Ite, missa est.

venerdì 20 luglio 2007

Rufus

Scena

Tardo pomeriggio, un bar del Greenwich Village, quartiere di New York noto per essere stato la culla del movimento di liberazione gay. Il locale è semivuoto, poche persone occupano un paio di tavoli accanto alle finestre. Atmosfera rilassata; musica lounge, ambient, ma anche un po' industrial. Il bancone del bar irradia una luce rossa.

La porta del locale si apre e compare una coppia di turisti. Lui indossa pantaloncini a pinocchietto, camicia bianca modello gelataio e sandali; porta al collo una macchina fotografica. Lei indossa una canottiera e dei pantaloni e ha un grosso zaino sulle spalle. I due scambiano alcune parole con una cameriera che li accompagna ad uno dei tavoli liberi.

Lui (sedendosi, visibilmente eccitato): Allora?
Lei (un po' infastidita): Sì... bello.
Lui: Avevo sempre sognato di farlo.
Lei: Lo so.
Lui: Ci pensi... sulla Fifth Avenue!
Lei: Sì...
Lui: ...con tutti quei taxi giallissimi!
Lei: Mhm.
Lui: ...fermare un taxi col fischio...
Lei: ...già...
Lui: ...e saltare dentro...
Lei: ...
Lui: ...urlando "SEGUA QUELLA MACCHINA"!!!
Lei: Un'emozione, senza dubbio.
Lui: La migliore.

Un cameriere porge due menù.

Lei (sfoglia): Beh, è carino il posto... da fuori sembrava peggio.
Lui: No, infatti... a parte...
Lei: ...il neon nel bancone.
Lui: Già.
Lei: E quest'aria condizionata a palla!
Lui: Infatti.
Lei: Ma fa freddissimo qua dentro!
Lui: Hm.

Sfogliano il menù in silenzio per un po'. Ogni tanto lui si distrae, segue il filo dei suoi pensieri, mima la scena che si è verificata poco prima e tra sé e sé mormora "segua quella macchina". Poi, soddisfatto, si dedica al menù.

Lei (prende lo zaino e ne recupera una magliettina): No, ma fa troppo freddo qua dentro. Esagerano proprio con quest'aria condizionata.
Lui: Infatti! E non capiscono che più la usano, più la città si riscalda!
Lei (indossa la maglietta): Quanto sono ammericani.
Lui: Già. Che cazzoni.
Lei: Tu che prendi?
Lui: Boh. Tu?
Lei: Boh.
Lui: Bene.

I due continuano a sfogliare per un po', e poi chiudono i menù. Nel frattempo entra Rufus, un omaccione sulla cinquantina, muscolosissimo, baffuto e un po' pelato; indossa una tenuta da palestra: canottiera aderente e hotpants. Si vede che è gay da un chilometro. Rufus saluta uno dei camerieri con familiarità e prende posto al tavolo accanto ai due turisti.

Il cameriere si avvicina ai turisti, prende le ordinazioni e si allontana.

Lui: Certo però che è proprio vero.
Lei (estraendo dallo zaino una sciarpa di cotone): Cosa?
Lui: Quello che si dice di solito dell'Ammerica... che è un Paese di grandi contrasti.
Lei: Ah, parli del quartiere?
Lui: Ma sì, anche dell'Ammerica in generale. È assurdo pensare che questo è il posto dove è nato il movimento gay e allo stesso tempo è anche la superpotenza egemone che ieri bombardava il Vietnam, oggi l'Iraq e domani boh... Casoria.
Lei: È vero. Pensa anche a Martin Luther King e al movimento per la desegregazione dei neri.
Lui: Che poi sono sempre segregati.
Lei: E già.
Lui: E la bomba atomica?
Lei: Però anche il sessantotto.
Lui: Ma anche McDonald's.
Lei: Ma anche il jazz.
Lui: Ma anche Britney Spears.
Lei (indossando un maglioncino di filo): Ma se ci pensi, sono stati sempre gli immigrati... le minoranze etniche a fare le cose buone dell'Ammerica.
Lui: Beh... tecnicamente qua sono tutti immigrati.
Lei: Anche noi indoeuropei a casa nostra, allora.
Lui: Ehm. Sì. Ma era tanto tempo fa. E comunque anche alla bomba atomica lavoravano tanti immigrati...
Lei: La fuga dei cervelli.
Lui: Bra.

Entra un altro omaccione, persino più muscoloso di Rufus ma anche più tarchiato e tracagnotto; indossa anche lui una succinta tenuta ginnica. Saluta un cameriere, si avvicina a Rufus e gli dà un bacino in fronte prima di sedersi accanto a lui.

I due turisti seguono la scena con gli occhi e sorridono.

Lui: Carini...
Lei: Sì... sono teneri!
Lui: Ma poi li hai visti?
Lei (indossando una giacca a vento): Sì, sì... sembrano proprio usciti da un film! Questa è proprio la terra dei cliché!
Lui: Infatti... sai a chi sono tali e quali?
Lei: A chi?
Lui: Ai Village P...

Si blocca a metà frase e rimane a bocca aperta e con gli occhi sgranati. Volge lo sguardo spiritato a destra e a sinistra, come a guardarsi intorno, poi guarda fuori la finestra, salta in piedi, urla "aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!" e esce di corsa dal locale, sotto lo sguardo attonito di tutti.

Lei non si scompone. Rimane seduta per qualche secondo. Tira un sospiro. Si alza, raccoglie le sue cose e all'improvviso scatta fuori dal locale. Poco dopo si odono un fischio, uno stridio di pneumatici e la frase "SEGUA QUELLA MACCHINA!".

La foto di "Rufus" è di dram. Alcuni diritti riservati.

lunedì 16 luglio 2007

Stanza 101

Ciò che voi non sapete è che io vi vedo. Vi spio. Seguo tutte le vostre mosse, leggo quello che leggete, scopro le vostre preferenze, so dove andate, da dove venite, con chi ve la fate, cosa cercate e cosa trovate; a volte vi metto anche un dito nel naso e voi nemmeno ve ne accorgete. Insomma, in poche parole: mi faccio i cazzi vostri.

E come faccio, vi chiederete? Miei umili sudditi, è di una semplicità disarmante. Vedete quel contatore nella colonna a destra? Sì, proprio il contatore di cui abbondantemente sopra. È lui l'ECHELON della questione. Mi dice tutto di voi: se arrivate su La base del pilastro da un motore di ricerca, mi dice con che parole chiave l'avete trovato; se ci arrivate tramite un link, mi dice da quale sito ci siete arrivati; se ci siete arrivati perché prima avete visitato arekfs.blogspot.com e arekft.blogspot.com, beh, quello non me lo dice, ed un po' me ne spiace, ma non si può avere tutto.

Attraverso questo prezioso strumentino ho scoperto che il mio pluzio è stato visitato da uno o più lepidi personaggi affiliati in qualche maniera ad un lieto angolino della pluziosfera, il Gradino (che poi come indirizzo ha http://www.ilquartierino.splinder.com/... boh). Sapete, ho un debito verso di loro: mi hanno fatto una gentilezza mettendo un collegamento a La base del pilastro e mi pare carino ricambiare facendo altrettanto per loro.

Bene. Ora che siamo pari, posso rimettermi in debito copiando un'idea GENIALE che hanno avuto: ho aggiunto nella colonna a destra alcune delle ricerche grazie alle quali la gente ha trovato il mio pluzio su Gugol. Sapete come si fa a farsi trovare su Gugol? Basta inserire sul proprio sito certe paroline magiche (indovinate quali) ed ecco che il contatore si impenna. Che faccio, le scrivo? Le scrivo?
tette culo cazzo figa sesso
Naaaa.

domenica 15 luglio 2007

God bless Ammerica

La mia recente gitarella oltreoceano si è inaspettatamente rivelata un pozzo senza fondo di ispirazioni per questo pluzio, nonché una miniera di riflessioni sull'Occidente, sulla loro società, su quella italiana e su quella svedese; inoltre, ho contrabbandato un certo numero di graziosi oggettini (li si potrebbero definire souvenir) che catturano l'essenza e lo spirito di questo grande Paese, tanto grande che si fa chiamare con il nome di un continente.

Volendo quantificare, al netto sono rientrato nel Vecchio Continente con un eccesso di (in ordine sparso):

  • cinquecentoventicinque foto di New York (molte delle quali, ahimè, da architetto);
  • ventitré foto di Boston (la disparità si commenta da sola);
  • opuscoli e brochure di sette religiose assortite (cristiane e non);
  • un badge della American Nuclear Society con su scritto il mio nome;
  • due libri (di cui uno di Woody Allen, che sono ansiosissimo di leggere);
  • tre-quattro chili, o meglio, sette-otto libbre di puro lardo (nel miglior stile ammericano);
  • varie ed eventuali, ed infine:
  • una robusto rinforzino al mio antiammericanismo, che adesso dovrebbe bastarmi almeno fino al 2922 (che poi — ricordate? — è anche l'anno in cui il mio pluzio toccherà il milione di visite).

Alcune delle cose che ho qui elencato con tanta diligenza, e molte altre delle quali ancora non vi ho parlato, costituiranno l'oggetto di questa e di altre gibelle. Come antipastino, vi propino qualche foto che mi permette anche di chiudere il discorso sui cartelli.

L'Ammerica: il Paese della libertà.

Questa la adoro per il suo tono enciclopedico.

Qui mi astengo dal commentare...

E infine:

Mind the pox.

sabato 14 luglio 2007

La prima gibella di questo pluzio!

A dire la verità, il motivo per cui mi ero seduto davanti al PC stasera era perché volevo (finalmente) caricare sul blog qualche foto del mio ultimo viaggetto. Siete curiosi di vedere New York? Sì?! Beh, abbiate pazienza. Avevo appena cominciato a scrivere quando mi sono accorto che c'è un argomento ben più importante a cui devo dedicare la mia attenzione.

Il post sulle mie avventure ammericane comincia con la frase "La mia recente gitarella oltreoceano si è inaspettatamente rivelata un pozzo senza fondo di ispirazioni per questo blog". Ora, sarà che il viaggio ha inasprito il mio antiammericanismo (se pure era possibile), ma per la prima ho provato coscientemente fastidio ad usare la parola blog. Già in altri momenti mi era capitato di rabbrividire al mio stesso pensiero "ora faccio un post sul blog". E sì, e poi magari chiudo il browser e la chat, spengo il monitor e vado a fare jogging. Lo sapete come soffro al solo formulare pensieri di tale fatta.

Ho quindi deciso di esiliare le parole "post" e "blog"; ritenevo importante informarvi di ciò, altrimenti potrebbe sfuggirvi qualcosa della vicenda ammericana. Da oggi in avanti, la parola "blog" è ufficialmente sostituita dalla parola "pluzio"; la parola "post" è ufficialmente sostituita dalla parola "gibella". Da oggi in poi, si fanno le gibelle sul pluzio. Va da sé che da "gibella" deriva anche un verbo ("gibellare"), e, come al solito, siete caldamente invitati a diffondere i nuovi termini fino ai quattro angoli del globo.

Per concludere, un utile specchietto ricapitolativo:


blog ---> pluzio
post ---> gibella

A presto per il resoconto dell'Ammerica.

martedì 10 luglio 2007

Postilla a "Sì, viaggiare"

A grande richiesta, ecco a voi la famigerata foto di "Sciaquetta"!

L'uso della precedente (foto o sciaquetta che sia) è autorizzato per chiunque la desideri. © Luca Manco 2001

Il resto lo trovate sul sito di Nicla.

lunedì 18 giugno 2007

Sì, viaggiare

C'è chi ama viaggiare perché si vedono posti belli; c'è chi ama viaggiare perché si incontra gente interessante; c'è chi viaggia per conoscere cucine nuove; c'è chi lo fa perché vuole vedere un posto su cui ha letto un libro; c'è chi lo fa perché vuole recuperare un po' di quella lingua imparata alle medie e quasi dimenticata; c'è chi viaggia perché "cazzo me la sono meritata una vacanza dopo il culo che mi sono fatto quest'anno"; c'è chi viaggia perché deve; c'è chi vuole scoprire la diversità; c'è chi ama viaggiare solo quando torna a casa; c'è chi vuole vedere le città d'arte; c'è chi si emoziona a vedere i cartelli stradali con i nomi di città lontanissime; c'è chi ha un planisfero con tutte le puntine da disegno colorate sui posti dove è già stato; c'è chi colleziona cartine geografiche; c'è chi va a Paestum ed è contento così; c'è chi viaggia per vedere posti migliori di Paestum; c'è chi viaggia perché in ostello si fa acchiappanza; c'è chi viaggia nonostante non faccia mai acchiappanze in ostello; c'è chi va a Ibiza a fare tunz-tunz; c'è chi si aggrega; e ci sono quelli a cui non piace viaggiare.

Muà, io viaggio perché ogni tanto, in certi posti improbabili, scopro dei cartelli bellissimi e mi metto a fotografarli. Ad esempio, la settimana scorsa, ad Uppsala (noto paese della Svezia orientale), Caterina e io abbiamo trovato ben due cartelli meritevoli di menzione; la suddetta ha anche prestato la sua pulcherrima immagine muliebre al mio occhio di vetro.

La prima foto si intitola

Tuesday, 14:26

La seconda si commenta da sola.

martedì 5 giugno 2007

Quel che non t'aspetti dal cerbiolo e dal capriatto

Mentre il sondaggio su "tarabaralla" impazza (ben tre voti fino ad ora — votate votate votate), vi propongo un'altra storia improbabile al confine tra cinematografia, linguistica e zoologia, tre discipline che hanno tanto in comune.

Orbene. Pochi giorni or sono parlavo di Bambi con Maria. Sì, io parlo di Bambi con i miei amici, embè? È un problema? Posso andare avanti? Molto bene (sto delirando). Dunque, sarà capitato anche a voi che la discussione su Bambi si faccia accesa... dopo tutto, è un argomento caldo. Noi, in particolare, si discuteva se Bambi fosse un cerbiatto (come dicevo io) o un capriolo (come diceva lei).

Se oggi fosse il cinque giugno 1997 ci saremmo dovuti tenere il dubbio; invece, gli ultimi dieci anni hanno visto una trasformazione sì radicale di questa nostra fantastica avanzatissima cibernetica società (che ci porta avanti quasi tutti quanti, maschi, femmine e cantanti, su un tappeto di contanti nel cielo blu) che oggi possiamo toglierci la soddisfazione di scoprire la vera natura di Bambi con pochi clicchettii. È inutile che sto qua a farla lunga, sapete tutti benissimo che, per questioni la cui spinosità è uguagliata solo dalla grandiosa futilità delle stesse, la Rete ci ha messo a disposizione un oracolo di Delfi: Wikipedia. Basta allora dare un'occhiatina alla pagina di Bambi su Wikipedia per scoprire che

For the movie, Disney took the liberty of changing Bambi's species into a white-tailed deer to visually emphasize him against the colored backgrounds, since he is a roe deer in the book.

Bene. Quindi, oltre ad aver scoperto che Bambi è un cerbiatto nel film ma un capriolo nel libro, abbiamo anche scoperto come si dice "capriolo" in inglese.

E qui viene il bello. Se la storia fosse stata solo che Bambi è un capriatto, o un cerbiolo, non mi sarei neanche preso la briga di collegarmi al blog... ma quello che ho scoperto dopo cambia tutto.

Questa è la parte della quale molto probabilmente non vi frega un tubo, a meno che non conosciate due paroline di svedese (leggi: a meno che non siate Diego Scilla). Comunque, sappiate che "capriolo" in svedese si dice "rådjur". Suona familiare? Sì... tu che hai alzato la mano, di' pure... bravo, somiglia molto all'inglese "roe deer" che abbiamo imparato da mamma Wikipedia. Che c'è di strano, direte voi? Dopo tutto lo svedese è una lingua germanica e ci sono tante parole che somigliano all'inglese...

...la cosa strana è che "deer" in inglese vuol dire "cervo", mentre "djur" in svedese vuol dire "animale". Tra l'altro, "djur" è la parola che usavo come esempio per mostrare che ci sono certe parole svedesi che non hanno niente di simile alla corrispondente parola inglese... dico "usavo", perché questa somiglianza tra "deer" e "djur" è molto sospetta. Tanto sospetta che sono andato a controllare sul dizionario... ed ecco cosa ho scoperto:

Word History: In various Middle English texts one finds a fish, an ant, or a fox called a der, the Middle English ancestor of our word deer. In its Old English form dēor, our word referred to any animal, including members of the deer family, and continued to do so in Middle English, although it also acquired the specific sense "a deer." By the end of the Middle English period, around 1500, the general sense had all but disappeared. Deer is a commonly cited example of a semantic process called specialization, by which the range of a word's meaning is narrowed or restricted. When Shakespeare uses the expression "mice and rats, and such small deer" for Edgar's diet in King Lear, probably written in 1605, we are not sure whether deer has the general or the specific sense. It is interesting to note that the German word Tier, the cognate of English deer, still has the general sense of "animal."

Va da sé che al tetesco "Tier" si affianca lo svedese "djur". Figo, eh?! No? Bene. Ehm. Secondo me sì.

Ci sarebbe un'ultima perla, poi vi mando tutti a casa. Non sono sicuro che c'entri, però in svedese il plurale di "djur" è "djur", proprio come in inglese il plurale di "deer" è "deer" (un po' come "fish", "sheep"...). Coincidenza? Verità? 'sto cazzo? Ehm. Class dismissed.

martedì 29 maggio 2007

Tarabaralla, questa sconosciuta

A grande richiesta vi racconto la storia di "tarabaralla". "Tarabaralla" è una parola italiana vera che ho scoperto qualche anno fa (giocando al gioco del vocabolario, per chi lo conosce). Se sapete cosa significa, fate finta di non aver letto questo blog e cliccate altrove. Se non lo sapete, ecco a voi un magico sondaggino: solo uno dei significati che seguono è quello esatto; gli altri me li sono inventati io, come si dice in inglese, of healthy plant.


Qual è il significato della parola "tarabaralla"?
s.f.: frenetica danza tradizionale sarda
s.f.: copricapo simile al tricorno, indossato dalle autorità ecclesiastiche nel XVII secolo in occasione della Pentecoste
s.f.: grossa aringa dal muso rincagnato pescata al largo delle isole Svalbard
s.f.: scala a elica da cui accede all'aula parlamentare il Presidente del Consiglio
cong.: giacché, poiché
s.f., solo nella locuzione "andare a tarabaralla": morire
s.f.: pluzio
avv.: pressappoco, su per giù
s.f.: festa che si dà in occasione dell'inaugurazione di una casa o un appartamento
s.f.: strumento popolare italiano a percussione
s.f.: pianerottolo, ballatoio
s.f.: giostra con musica
vedi tarabarala
  
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Una volta che avete risposto al sondaggino (E SOLO ALLORA, NON IMBROGLIATE!) potete andare a leggere la soluzione qui. Fatemi sapere se avevate indovinato.

giovedì 24 maggio 2007

The place to be

Approfitto del poco sonno che ho per mettere su un paio di foto interessanti che Caterina e io abbiamo scattato a inizio mese, in vacanza per qualche giorno nella valle della Loira. Vi aspettate castelli? Tzé. Davvero credete che vi annoierei con simili banalità?

Il vostro cavallo è stressato? No problem.
Ebbene sì.

Guardate la foto di questo negozio. Bello, vero? È una cartoleria? Un fioraio? Una tipografia? Un negozio di musica?
I più svegli avranno sicuramente notato la discreta insegna che campeggia in alto: "POMPES FUNEBRES". Traduciamo al volo un paio di scritte dalla vetrina: "Il nostro mestiere è rispettare le vostre volontà", "Per le mie esequie, PFG mi aiuta a prevedere tutto in anticipo" (un bel pleonasmo), "Preventivi gratuiti", "Visto in TV" (!). Dulcis in fundo, osservate il nonnetto che faccia soddisfatta che fa ora che si è accattato il taùto.

Per i più ardimentosi:
Come dite? Cos'è la belote? Non ne ho idea (aspettate... guardo sul dizionario... è un gioco di carte). Però i premi sono davvero ricchi... chissà se ci sono anche i cotillon. Che cacchio, in Francia... se non ci sono lì! Come dite? Cos'è il cotillon? Non ne ho idea (asch... clic clic... è una danza!).

Insomma: la Loira, the place to be. Io ci volo!

venerdì 18 maggio 2007

Che fine ha fatto Sergio Paoletti?

Ma come, "chi è"?! È il disperato che scriveva, tra le altre cose, le barzellette per Topolino quando noi eravamo piccoli! "Risate Boom" vi dice niente? Ricordate quelle barzellette terribili? Ecco, erano sue.

Insomma, oggi mi interrogavo su chi fosse l'autore della barzelletta del fantasma formaggino quando sono stato colto dal terribile dubbio che magari è sua. Magari tutte le barzellette sono sue. Magari Sergio Paoletti è la reincarnazione di Oscar Wilde, che era la reincarnazione di Nostradamus, che era la reincarnazione di Tommaso d'Aquino, che era la reincarnazione di Virgilio (tutti noti barzellettieri).

Magari Sergio Paoletti è il Barzellettiere Primo.

In ogni caso, che fine ha fatto? Pare che io non sia il solo a chiederselo. Basta cercare "sergio paoletti" su Google per scoprire che ci sono altre mente geniali che si sono poste questo problema, come questa e questa. Prestate anche attenzione all'indirizzo del secondo blog.

Insomma, se avete notizie di Sergio Paoletti, fatemelo sapere.

giovedì 10 maggio 2007

E che modi!

Premessa: questo post è un po' impegnativo e richiede un minimo di attenzione. Non leggetelo se siete al lavoro quindi, oppure leggetelo se siete al lavoro, dipende dal lavoro che fate.

Alcuni di voi sanno che, oltre a fare il dottorato in fisica, a tempo perso faccio anche il consulente linguistico via MSN. Proprio qualche giorno fa, una delle mie clienti più affezionate (ciao Vania :-) ) mi ha interrogato sulla correttezza della frase seguente:

Mi piace pensare che se dovesse svegliarsi in questo preciso istante sarebbe la prima cosa che vedrebbe.

Voi cosa direste? Per me c'è qualcosa che suona maluccio, ma non c'è niente che non va nella frase. È corretta, ma ha qualcosa che non va.

Ora considerate questa.

Gli ho chiesto se verrebbe alla mia festa.

Probabilmente vi è già capitato di riflettere su una frase del genere. Più probabilmente avete cose più importanti a cui pensare. Vi capisco. Pur tuttavia, permettetemi di farvi notare anche qui che questa frase è assolutamente corretta (poiché il "se" non introduce una proposizione condizionale, ma una interrogativa indiretta). Eppure... suona male!

Insomma: siete insoddisfatti della vostra lingua? Volete sapere perché queste due frasi suonano male pur essendo perfettamente corrette? Volete vedere come ve le faccio suonare meglio?

Sentite questa:

Mi piace pensare che se dovesse svegliarsi in questo preciso istante sarebbe la prima cosa che vedrerebbe.

È già un'altra cosa, non è vero? Ora non cominciate a fare i difficili e a dire che "vedrerebbe" non esiste. Avete capito al volo che vuol dire, o no? È il condizionale del condizionale! E ora sentite questa:
Gli ho chiesto se verrebbesse alla mia festa.

Non è perfetto?! Il condizionale del congiuntivo! (o il congiuntivo del condizionale?)

Ora, voi mi conoscete. Potrei fermarmi qui, prendermi la vostra pacca virtuale sulla spalla per la cosa spiritosa (?) che ho detto e potremmo tutti tornare a casa felici. Potrei farlo, se fossi un'altra persona. Ma purtroppo, per definizione, non sono un'altra persona. Io non demordo. Ed ecco che il turbine della generalizzazione mi coglie tra le sue braccia e mi eleva a cime di insopportabile assiomatizzazione.

I più sbarazzini di voi sapranno che esistono (finora) due tipi di grammatica: grammatica descrittiva, cioè quella che si occupa di descrivere (appunto) un linguaggio, e grammatica prescrittiva, cioè quella che decide quali sono le regole di un linguaggio esistente. Io vi propongo un terzo tipo di grammatica: la grammatica costruttiva, cioè una grammatica che si proponga di migliorare una lingua esistente apportando innovazioni brillanti (?) come quelle che vi sto per proporre.

Nel caso in questione, l'idea è la seguente. Secondo la grammatica italiana tradizionale (bof), il verbo ha quattro modi finiti: indicativo, congiuntivo, condizionale e imperativo. Ora, dimentichiamoci un secondo dell'imperativo, che tanto è sempre stato un modo un po' del piffero. La mia proposta è che congiuntivo e condizionale non dovrebbero essere modi del verbo, ma alterazioni dei modi. Mi spiego: il verbo base si coniuga all'indicativo; ad esempio, l'indicativo presente del verbo "amare" fa

io amo
tu ami
ecc.

Questo indicativo presente può essere alterato per esempio dal condizionale e diventare il condizionale presente:
io amerei
tu ameresti
ecc.

Adesso viene il bello: immaginate che bello se anche questo condizionale presente potesse essere alterato di nuovo dal modo condizionale e diventare così un condizionale condizionale presente (bicondizionale? condizionale condizionato?) come questo:
io amererei
tu amereresti
egli amererebbe
noi amereremmo
voi amerereste
essi amererebbero

Fantastico, no?

Se state ancora leggendo, probabilmente vi starete chiedendo quanto ho dormito ultimamente. La risposta è "poco", ma il punto che mi preme è un altro. È evidente che qui ci si apre un mare magnum di possibilità! Oltre a fare il condizionale del condizionale, si può fare il congiuntivo (imperfetto) del condizionale (presente):

che io amerassi
che tu amerassi
che egli amerasse
che noi amerassimo
che voi ameraste
che essi amerassero

Il congiuntivo presente del condizionale presente:
che io ameri
che tu ameri
che egli ameri
che noi ameriamo
che voi ameriate
che essi amerino

...e via discorrendo. Si possono anche fare i modi trialterati (condizionale del condizionale del condizionale), di indubbia utilità. Si possono fare anche i tempi composti, anche se non ho ancora pensato bene a come farli... Insomma, ci sono grandi prospettive per questi nuovi tempi verbali.

Va da sé che io ho già cominciato ad usarli e vi invito caldamente a fare lo stesso. La mia vita ha tutta un altro sapore adesso.

giovedì 3 maggio 2007

La cabala del contatore

I più attenti di voi avranno sicuramente notato che la settimana scorsa è stato l'anniversario di un grande evento. No, no, non sto parlando delle mie pulizie di primavera... LASCIA STARE LE POLPETTE! SONO PER DOMANI! Scusate, ma questi scarrafoni stanno diventando proprio indisciplinati. Dicevo, il grande evento che si è verificato è che il 28 aprile 2006 il sottoscritto installava il contatore delle visite sul blog.

Ma cos'è questo rumore? Mi sembra di sentire un enorme pernacchio in lontananza... mah, questi svedesi. In ogni caso, visto che ormai è passato un anno dal Grande Giorno ho pensato di fare qualche statistica per la letizia di tutti i miei numerosi lettor... SVEN RIDAI SUBITO IL TELECOMANDO A OLOF! SVEN! DEVO VENIRE LÀ?! Uff.

Orbene, correva il 28 aprile 2007 (correva? si può dire? il 28 aprile correva? Scusate, ricomincio).

Orbene, era il 28 aprile 2007 quando il contatore sul mio blog segnava 1092; da questo si deduce facilmente (ometto la dimostrazione) che il 28 aprile 2007 il contatore segnava 1092, i.e. nel giro di un anno il mio blog aveva ricevuto 1092 visite. Figo, eh? Non particolarmente, lo so. Però attenzione ora: come tutti voi sapete, 1092 visite / 365 giorni = 2.99 visite al giorno! Quasi cifra tonda! Non è magnifico? Questo tra l'altro vi garantisce che i dati non sono truccati... se li avessi manipolati non avrei mai potuto resistere alla tentazione di fare cifra tonda. Si potrebbe anche insinuare però che io li abbia manipolati in modo da fare QUASI cifra tonda, perché così avrei avuto la scusa che la cifra non era tonda... una tecnica che chiunque abbia fatto un corso di Esperimentazioni di Fisica conosce benissimo. Beh, sapete che vi dico? POSA IMMEDIATAMENTE QUEL DEFIBRILLATORE! Come? Sì, ho un defibrillatore in casa... e allora?

Insomma, non finisce qui. Sapete cosa è successo nell'anno 1092? Assolutamente niente (fonte: Wikipedia). Ho come il sospetto che arrivati al 31 dicembre 1091 tutto il mondo abbia detto: "Uà guagliù, vogliamo fare uno scherzone incredibile? Vogliamo fare che domani è il 1093?". E tutti gli altri: "Sì, sììì, che bello, dai, dai!!", pam, bottiglia di spumante, auguri, auguri, bacini, e ciao 1092.

Aha! E se invece fosse l'anno 1092 ab urbe condita?! Hmmm, sarebbe quindi l'anno 1092 - 753 = 399 d.C.! E cosa è successo nel 399 d.C.? Assolutamente niente. Anno 1092 secondo il calendario ebraico? Agh. Calendario islamico? Bof.

In compenso però, possiamo effettuare qualche MO BASTA MO, MO PIGLIO LA CUCCHIARELLA E VEDIAMO! Ehm. Possiamo effettuare qualche semplice calcolo. Per esempio, al ritmo attuale toccherò il milione di visite il 14 giugno 2922. Preparate lo spumante che si festeggia, mi raccomando. E ora scusatemi, devo andare a salvare il vaso di cristallo... prima che...

*CRASH*